“PARCO FAUNISTICO” DELLE BETULLE, CI MANCAVA ANCHE QUESTA: SE NON FOSSE ALTRO CHE UN BANALE ALLEVAMENTO?



MARGNO – E’ di ieri l’esclusiva di Valsassinanews sulle indagini che la Procura di Lecco, nella persona del magistrato Paolo Del Grosso, ha affidato al Corpo forestale dello Stato. In questi giorni gli uomini del Comandante Andrea Turco hanno acquisito documenti nei comuni di Margno e Casargo, negli uffici della Provincia di Lecco e alla sede barziese della Comunità Montana della Valsassina. L’obiettivo dichiarato è fare chiarezza sulla proprietà degli esemplari di cervo e dell’unico capriolo ora ospitati nel Parco faunistico ai Piani delle Betulle.

L’intensificarsi delle indagini e alcune incongruenze sollevate anche dalla nostra testata lasciano però presupporre che la vicenda possa ramificarsi ed allargarsi coinvolgendo aspetti più importanti ed allo stesso tempo assai delicati (non ce ne voglia la povera cerva, morta in circostanze ancora da chiarire).

Nel ripercorrere le carte prodotte dalle istituzioni da quando, nei primi anni Duemila, si iniziò a discutere sul progetto degli osservatori faunistici di Pra’ Cainarca e Ombrega, balza all’occhio un altro dettaglio meritevole di approfondimento. A norma di legge un “parco faunistico”, come si vorrebbe presentare la struttura recintata di proprietà del Comune di Margno, per essere tale necessiterebbe di una licenza ministeriale che identifichi la specifica realtà quale “giardino zoologico”. Un iter burocratico che dagli enti locali porterebbe le istanze dell’area protetta a Roma per ottenere un riconoscimento formale che va ben oltre una targa da appendere all’ingresso.

Tutto ciò però per il ricovero dei cervi alle Betulle non è mai stato ottenuto. A precludere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale sarebbe l’assenza di parametri basilari per queste realtà, aspetti talmente evidenti per chi ha familiarità con il settore, da aver addirittura convinto ad abbandonare pressoché immediatamente l’ambizione/necessità di raggiungere il riconoscimento ministeriale.

Ciò che quindi ci si troverebbe di fronte una volta raggiunto Pra’ Cainarca, che lo si chiami “parco faunistico”, “percorso naturalistico”, “osservatorio faunistico” – così riportano i documenti – altro non sarebbe che un più banale “allevamento recintato”. Questa sarebbe infatti la realtà che Comunità montana e amministratori di Margno e Casargo avrebbero affidato alla cooperativa sociale KWA di Galbiate, già in contatto con la Fornace per la quale ha prodotto dei pannelli informativi, e ritenuta idonea alla gestione del Parco e degli animali selvatici in quanto titolare di un agriturismo in Valtellina.

Un dettaglio non di poco significato considerate le premesse e le finalità del progetto naturalistico e turistico che avrebbe dovuto far rivivere l’Alta Valsassina.

C.C.

 

 

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