IL DOMENICALE DI R. B./LE REGOLE DEL PIRLA



Non tutti nella capitale
sbocciano i fiori del male
Qualche assassinio senza pretese
Lo abbiamo anche noi qui in paese.

(Delitto di paese – Nuvole Barocche –
George Brassens/Fabrizio De Andrè – 1969)

Di chi è la colpa?

Bella domanda.

Senza risposta, almeno sino ad ora, ed anche dopo, vedrete.

Purtroppo.

Risultati immagini per regoleDel sistema. Così dicono e si dice; un sistema imbastardito, lassista, permissivo, indulgente, tollerante, dove le regole esistono per essere infrante e se le rispetti sei considerato un pirla.

Onesto, perlamordiddio, ma pur sempre pirla.

Ehi, brava gente, facciamolo il monumento al sistema. A forma di paravento, cosa ne dite? Un bel posto per nascondersi, magari riuscendo a sbirciare fuori senza essere visti, o ad ascoltare senza per questo poter dire di aver sentito. Testimoni senza testimonianze, se non la propria codardia.

Vedo ma non ho visto, ascolto ma non ho sentito, conosco ma non so distinguere. Così, dal sistema, ci lasciamo trasportare alla deriva nella speranza che il barcone non affondi, nell’illusione di vedere la luce di una nave che sta giungendo in soccorso salvo poi accorgersi che è solo una nuvola persa nella nebbia.

Nuovamente: di chi è la colpa?

La società. Che poi, in fondo, è il sistema avvitato su sé stesso. Un luogo in cui i principi e i valori sanno di stantio, merce avariata da eliminare con l’umido del lunedì, come te che, siccome sei un pirla, ci credi ancora e non vuoi arrenderti.

Risultati immagini per FAMIGLIA CRISILa famiglia. Oh, sì, la famiglia. Verrebbe da chiedersi, in alcuni casi, se esiste ancora un posto chiamato così. La famiglia che cresce i piccoli, li educa senza indottrinare, li segue con discrezione, li guida con saggezza verso il mondo dove, a loro volta, dovranno far crescere, educare, seguire e guidare.

Ma è sempre più difficile: il sistema, la società. Una fila di scuse messe insieme come un castello di carte, basta un tremore, un alito di vento, un passo falso perché tutto crolli miseramente.

Non avete mai sentito genitori discutere tra loro e vantarsi con malcelato orgoglio di avere i figli che tornano a casa alle cinque del mattino, e quasi si sentono sconfitti se il figlio dell’altro è tornato quando ormai era giorno fatto? Senza magari nemmeno sapere come ha fatto a tornare?

Poi alcuni non rientrano proprio, ma erano bravi ragazzi che non facevano male a nessuno. Tranne a loro stessi e, in alcuni disgraziati casi, a chi stava con loro.

O, magari, tornano con in tasca un etto di imbroglio alla vita, cento grammi di illusione di essere diventati grandi mentre nello specchio si riflette un idiota.

Ma erano bravi ragazzi, chi poteva pensarlo, chi poteva dirlo?

Il sistema, la società, la famiglia.

Risultati immagini per scuola bacchettateDimentico qualcosa o qualcuno? Ah, sì, guarda te, stavo proprio per dimenticarmi la scuola.

Ricordate, voi che avete più o meno la mia età, cosa succedeva se ne combinavate una a scuola? Essendomi meritato anche un sette in condotta (e non chiedetemi, per favore, il perché) io me lo ricordo bene e se ci fosse ancora il Claudio potrebbe confermarlo: nessun dubbio, la ragione (a ragione) era solo da una parte e non era la tua. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di contestare; scuola e famiglia sembrava avessero stretto un patto d’acciaio immune da qualsiasi attacco esterno, ognuno era consapevole del proprio ruolo e lo accettava senza mettersi in dubbio.

Ma poi è cambiato tutto. Il sistema, la società, la famiglia, persino gli oratori. E siamo diventati tutti più buoni e opportunisti.

Con le playstation abbiamo trovato il sistema per farci gli affari nostri senza essere disturbati; con un milione di “sì” abbiamo scoperto il modo di non dover scegliere; con un miliardo di “l’è un brao bagaj” ci siamo fottuti una o più generazioni. Che ora, in alcuni casi, cerca di fottere noi.

Colpa del sistema? O della Sony? O di Disney Channel?

CARABINIERI PC INTROBIO RUBATISapete perché sto scrivendo di questo argomento, per cui non ho bisogno di tirarla per le lunghe.

Solo volevo stufarvi ancora un po’ tornando indietro di qualche settimana, precisamente a un domenicale intitolato “Le ripide pareti dell’esistenza”.

Torno alle “Memorie di una casa di rieducazione” e ad un prete da galera che ultimamente sto tirando in ballo un po’ troppo spesso e magari a qualcuno non piacerà. Detto che di questo qualcuno non me ne importa proprio nulla, riprendo il concetto di febbraio per continuare a sostenere che un passaggio nelle scuole del Don sarebbe a mio avviso utile. Magari, per rendere meglio l’idea al giovane pubblico, assieme ai Carabinieri.

Lui, direttore di riformatorio; lui, cappellano del carcere; chi meglio può descrivere ai giovani il baratro che si apre se si valicano certi confini?

Ma non è successo, e non succederà. Perché la verità è scomoda e potrebbe generare domande per rispondere alle quali bisogna essere preparati, e non è detto che tutti lo siano.

Meglio avere la tessera del sistema, essere ingranaggi obbedienti della società e nascondersi dietro il paravento del sistema a dare del pirla (sottovoce, ovviamente, per non farsi sentire) a chi crede che le regole esistano per essere rispettate e non umiliate.

Mettiamoci il cuore in pace, l’isola felice che forse una volta c’era, da molto tempo ha cessato di esistere.

Definitivamente. E lo scrivo pensando alla mia Valle con il capo chino e un po’ di umido negli occhi, da pirla, insomma.

Di chi è la colpa? Senza risposta. Né prima, né dopo. Figuriamoci adesso.

Buona domenica (nonostante tutto).

BENEDETTI TESTINA
Riccardo

Benedetti

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