TEATRO: SUCCESSO AL DEBUTTO PER “LA COMPAGNIA DEL FIIL DE FEER”



PRIMALUNA – Recitare un po’ per caso li ha portati a mettere in scena la commedia “La Pazienza alla prova” presso il cineteatro dell’oratorio di Primaluna durante il ponte del 25 aprile. Un bell’esempio di come i giovani possano impegnarsi e ritrovarsi in Valsassina lontano dai soliti luoghi e dalle esperienze non sempre sane e che non li aiutano a crescere e maturare.

Lasciamo che siano loro a raccontare questa esperienza:

La compagnia del fiil de feer (5)Chi siete e come è nata la vostra iniziativa?
Siamo sei ragazzi della Valle (Introbio, Primaluna e Cortenova) che hanno deciso di provare ad impegnarsi in quest’attività. Il tutto è nato un po’ per caso, inizialmente forse eravamo solo desiderosi di divertirci un po’ una sera o due alla settimana a provare a recitare qualche battuta nel salotto delle nostre case. Poi ci siamo resi conto che forse poteva diventare una cosa seria, allora abbiamo deciso di metterci d’impegno, scegliendo il copione, chi sarebbe stato il migliore per incarnare un personaggio, e abbiamo iniziato a provare ogni settimana.

Com’è andata la prima?
Lunedì scorso, dopo aver preparato la scena in ogni minimo dettaglio, abbiamo inscenato la nostra prima commedia “La Pazienza alla Prova”. Eravamo speranzosi, ma mai ci saremmo aspettati così tanti spettatori: 210 persone sedute davanti a noi ad aspettare di vedere cosa avessimo preparato per loro nei mesi precedenti. Credo che l’entusiasmo ci abbia contagiato!

Avete intenzione di continuare?
Ci siamo convinti a portare il nostro spettacolo anche in altri paesi della Valle, ma il tutto è ancora da definire con precisione, sia le date sia i paesi. Quel che è certo è che ci siamo divertiti un mondo, e la soddisfazione personale è immensa.

Come giudicate  l’esperienza recitativa che avete fatto?
Nel teatro, il coinvolgimento è totale, è pluridimensionale: incarnare un personaggio significa diventare quel personaggio, significa farlo vivere dentro di sé, e questo richiede un profondo lavoro su di sé, sul proprio corpo, richiede un’indagine introspettiva non banale e a cui purtroppo troppe poche volte abbiamo occasione di dedicarci. Non per essere troppo seri, in fondo siamo ancora solo alle prime armi, ma credo si debba vedere nel teatro una sorta di spazio libero, separato, in cui ci è offerta la possibilità di fare esperienza di sé stessi e degli altri in modo nuovo e diverso, in un modo che sono convinto possa aiutare a far rinvigorire la sincerità verso di sé e la spontaneità nel rapporto con l’altro che troppo spesso oggigiorno manca. Un’attività in cui, come avrebbe detto Gaber, c’è speranza di ritrovare un gesto naturale che ci rassicuri che questo corpo è nostro. Ora speriamo solo di poter andare avanti e continuare a divertirci come fino ad ora abbiamo fatto!

 

 

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