DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO NELLA DOMENICA DELLA DEDICAZIONE DEL DUOMO



Nella nostra Chiesa ambrosiana oggi celebriamo la dedicazione del Duomo di Milano: non è tanto la celebrazione di un edificio quanto la celebrazione della Chiesa nella quale noi siamo nati alla fede e alla vita cristiana. È la logica dell’incarnazione che continua: Dio vuole raggiungerci non in una maniera astratta, ma con la concretezza di persone e di gesti compiuti per suo mandato: sono i sacramenti e la Chiesa che li celebra.

Alla luce di questa festa, leggiamo il Vangelo di oggi.

Ci aiuta a capirlo il brano di lettera di Pietro che la Liturgia ci propone nella prima lettura: Gesù è la pietra d’angolo (cioè la pietra che per la sua grandezza e solidità serviva da fondamento nella costruzione di un edificio) rifiutata dagli uomini, ma sulla quale Dio edifica la sua Chiesa e ogni cristiano edifica la propria vita.

Si comprendono bene allora le parole finali di Gesù: “Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha posto le fondamenta sulla roccia. Il fiume in piena investì quella casa ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene”.

Gesù dice anzitutto “Chi viene a me”: è la sua persona il fondamento che ci sostiene, sono la sua vita data per noi.

Senza la sua persona, le sue parole, anche se ascoltate e messe in pratica, sarebbero come un manuale da costruzio-ne, ma non ne nascerebbero la vera Chiesa e la vera vita

cristiana: sarebbero come una famiglia nella quale si rispettino tutte le regole del vivere insieme, ma non ci sia amore fra le persone: le mamme chiamano “albergo” una famiglia così.

Come è diverso accogliere la parola di Gesù come parola che scaturisce dal suo sacrificio e dal suo amore per noi!

Fondare la vita su di Lui e sulla sua parola non è garanzia di successo immediato, ma di essere un seme vivo posto nel solco della vita degli uomini (in famiglia, nella società, nella Chiesa) capace di dare frutti buoni di giustizia, di pace, di solidarietà, di perdono, ecc. a secondo delle varie situazioni della vita.

Per essere così abbiamo bisogno di una preghiera fatta di più silenzio e contemplazione per accogliere in noi, con una gratitudine che non riusciremo mai a esprimere adeguatamente, la persona di Gesù e il suo amore per noi.

Quella di oggi non è dunque una celebrazione orgogliosa della Chiesa, ma umile e riconoscente, perché si riconosce sempre avvolta dalla misericordia del Signore, ed è su di Lui, e non su se stessa, che fonda la propria salvezza.

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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