LA GRIGNA STUPISCE SEMPRE. ANCHE ”SOTTO TERRA”…



Il 2014 non sarà certo ricordato per il tempo bello e stabile. Ne sanno qualcosa gli speleologi impegnati nell’esplorazione degli ambienti sotterranei del Grignone. Durante i primi mesi dell’anno gli ingressi delle grotte posti alle pendici della montagna lecchese sono stati praticamente irraggiungibili a causa dell’abbondante innevamento. Con il sopraggiungere della primavera e dell’estate la precipitazioni si sono susseguite ininterrottamente rendendo difficoltoso l’avvicinamento e oltremodo pericoloso la percorrenza degli abissi a causa delle ingenti quantità d’acqua che in essi si riversava.

Così, fino al mese di agosto, la presenza degli speleologi è stata sporadica e le novità esplorative inesistenti. Durante le due settimana centrali del mese, nonostante il continuo maltempo, si è svolto il consueto campo esplorativo con base il rifugio Bogani.

Impossibilitati ad affrontare le cavità più profonde e impegnative a causa delle avverse condizioni meteorologiche, gli speleologi hanno concentrato la loro attenzione su alcune diramazioni in cavità già note a limitata profondità, nella revisione di modeste cavità e nella ricerca di nuovi ingressi.
 
La prima attività ha regalato solo qualche decina di metri nuovi in grotte dallo sviluppo plurichilometrico come W le Donne, Topino, le Giostre e Voragine di oltre 40 metri presso l’ometto del Bregai.

La ricerca di nuovi ingressi, pur con alterne fortune, ha invece premiato la perseveranza degli speleologi. Sulla parete che sovrasta il sentiero che dal rifugio Bietti conduce alla bocchetta Guzzi sulla cresta di Piancaformia, sono state raggiunte quattro nuove cavità.

Due di esse (battezzate rispettivamente Abisso del Nido e Humprey Bogaz) si sono rivelate dei veri e propri abissi. Entrambe le grotte infatti superano i cento metri di profondità senza che la loro esplorazione possa dirsi conclusa. Anche la revisone di modeste cavità esplorate in passato ha dato i suoi frutti. In una cavità del Moncodeno (Lo1887) esplorata negli anni ‘80 la riduzione del deposito nevoso ha permesso agli speleologi di approfondirsi raggiungendo degli ambienti caratterizzati da imponenti depositi di ghiaccio. Anche in questo caso la profondità raggiunta dagli esploratori supera i cento metri di profondità.
 

 
Anche quest’anno tra gli speleologi di Progetto InGrigna! non sono mancate le presenze straniere, segno questo di come il Grignone rappresenti una delle principali aree carsiche italiane.

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