LA SPINOSA VICENDA DEL DISTURBATORE ALLE CASERE: CHI LO VUOLE “LONTANO DAGLI OCCHI DEI PIÙ”?



CREMENO – Ha passato la notte in uno spazio sicuro il 27enne senza fissa dimora che nella notte tra domenica e lunedì ha disturbato con insistenza e poi preso a sassate le finestre delle case in località Casere, nella frazione di Maggio. Sonni tranquilli dunque per la ventina di residenti.

Appurato che non si tratta di un ospite del centro d’accoglienza per migranti a poche decine di metri da dove sono avvenuti i fatti, è vero anche che l’uomo in quel centro ci è stato per un periodo nel 2021 e non si può escludere che, una volta respintogli l’asilo, quella struttura possa essere rimasta il suo unico punto di riferimento dove cercare ricovero. La persona in questione inoltre non ha patologie conclamate, così riferiscono le autorità, motivo per il quale gode di libertà di movimento come chiunque.

Pare evidente dunque che il problema è di più vasta portata e non basti fare la voce grossa. La politica locale infatti, in fibrillazione anche per le imminenti elezioni, chiede nuovamente la chiusura del C.a.s., pur sapendo ormai da anni che la competenza su quel tipo di strutture è della Prefettura, che ne affida la gestione e detta le regole, e avendo sperimentato sulla propria pelle che di certi appelli tanto gli uffici di governo del territorio quanto i contatti amichevoli al Ministero fanno orecchie da mercante.

Un po’ perché da qualche parte quelle persone vanno stivate, un po’ perché è meglio che siano “lontano dalla vista dei più”. Per dirla con parole povere, meglio gli Artigianelli in fondo a un paese in fondo a una valle, che il “Ferrhotel” accanto al più frequentato centro commerciale nel centro del capoluogo. E il riferimento non è casuale perché è proprio nella struttura al Caleotto che si creò un affiatato sistema di criminalità mentre ben pochi disturbi all’ordine pubblico ha dato il centro ai margini di Maggio.

Ciò che si può dire sulla vicenda delle Casere invece è che ora si svela agli occhi di tutti, anche in Valsassina, un buco nel sistema dell’accoglienza, una falla – deliberata, direbbero i maligni – nell’impianto che una volta negato il diritto d’asilo lascia allo sbando persone che avrebbero comunque bisogno di un accompagnamento.

Che fosse verso una rete di assistenza e inclusione o verso il confine, a seconda delle sensibilità.

VN

 

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