Egregio Direttore,
è di questi giorni la notizia che i comuni di Primaluna e Cortenova intendono avviare, con la benedizione della locale Comunità Montana, un progetto di fusione: “nella convinzione che tale importante passo potrà portare a notevoli benefici per entrambi”. L’intenzione, seppure a fine mandato, fonda le proprie speranze di successo sulla possibilità di incassare oggettivi vantaggi dopo le delusioni dei precedenti tentativi del recente passato anche in Valsassina.
Al seguito di un promettente avvio, facilitato dal contributo economico garantito inizialmente, crescenti difficoltà di vario genere hanno infatti e presto suggerito di mettere la parola fine all’esperienza dell’originaria Unione dei quattro comuni della Valvarrone e della successiva Unione dei cinque Comuni del Centro Valsassina e della Grigna Settentrionale. Potevano essere queste le prove generali per la futura fusione fra questi comuni ma così non è stato, almeno in parte. In Valle, tutto da rifare!
Lodevole è la volontà di procedere verso la fusione dei piccoli comuni di montagna, finalizzate al miglioramento della macchina amministrativa e generando auspicabili risparmi in termini di costi ma, guardando proprio a casa nostra, qualche dubbio assale l’osservatore esterno sul proseguo della pratica se si considera che anche gli altri tentativi in atto sull’Altopiano valsassinese e in Alta Valsassina continuano ad avere vita dura e strada in salita per l’opposizione di qualche amministrazione comunale che per fondati motivi non si riconosce nella bontà del progetto e pertanto ne rallenta ulteriormente il già lento e incerto incedere. In più. Non essendo riusciti ad avviare concretamente nuove fusioni in questo periodo così favorevole e neppure a tener vive quelle nate nel recente passato, intravvedo qualche difficoltà per le future e analoghe iniziative. Visto, infatti, che la cosiddetta “pacchia” dei fondi del PNRR – prestiti che in realtà e in parte andranno restituiti – è finita o quasi e già ci si scontra anche a livello europeo sulla riforma del Patto di stabilità, è del tutto evidente che il nuovo corso farà stringere ancora la cinghia attorno ai bilanci dei piccoli comuni, anche sui nostri monti. C’è solo da sperare che tale circostanza non scoraggi o peggio non ostacoli quanto già avviato.
L’iter della fusione fra comuni, altrettanto lodevolmente, prevede che le popolazioni interessate possano e debbano esprimersi con referendum consultivo nel merito alla soluzione proposta dai loro amministratori comunali ma anche qui c’è un pericolo dietro l’angolo e nella fattispecie intendo chiaramente riferirmi alla conclamata e tardiva predisposizione di molti nostri “politici” a relazionarsi, convintamente, con i propri cittadini in pubbliche assemblee approfondendo per tempo le tematiche e le problematiche che saranno oggetto di decisione da parte del livello politico e istituzionale. Per la popolazione dei singoli comuni, arrivare impreparata all’appuntamento referendario non può che creare crescenti perplessità e ulteriori incertezze per il timore di perdere le proprie radici identitarie in questo momento di così grave scollamento fra la gente e le urne, suggerendo che forse è meglio stare all’ombra del proprio campanile nella realtà che già si conosce e che, dunque, si tenderà a considerare come il male minore.
Stando così le cose e visto il poco che nel tempo ha resistito alla prova dei fatti, non posso che essere d’accordo con chi sostiene che alle fusioni fra comuni si debba imprimere una doverosa e convinta accelerata da parte dei diretti interessati perché, par di capire, lo Stato centrale non avrà mai il “coraggio” di favorire il superamento della frammentazione dei piccoli comuni assumendo, in piena Autonomia e con autorevolezza, una superiore decisione parlamentare che consenta di bypassare l’evidente impasse in cui si dibatte la stragrande maggioranza delle piccole e medie municipalità e questo per l’irriferibile timore di “scontentare” più di qualcuno dei propri interlocutori e dunque di incappare nel rischio di quella perdita di consenso che fa rizzare i capelli in testa a ogni politico in carriera, da che mondo è mondo.
Ci sarà senz’altro l’occasione per approfondire l’argomento dopo che avremo letto il programma elettorale e soprattutto gli impegni assunti nel merito delle “fusioni” dagli amministratori della Valsassina che si apprestano al rinnovo dei loro consigli comunali che dovranno presto cimentarsi con queste scelte epocali che, alla base, presuppongono l’auspicabile cambio di mentalità che inevitabilmente deve accompagnare il virtuoso processo di riorganizzazione politica e amministrativa del territorio, non solo in Valsassina.
Claudio Baruffaldi
“come privato cittadino ed ex amministratore”
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