“DON BOSCO RITORNA TRA I GIOVANI ANCOR”: RIFLESSIONE-GUIDA IL 19 APRILE NELL’INCONTRO DI BINDO



CORTENOVA – In occasione delle feste di S. Giovanni Bosco, il tradizionale canto “Giù dai colli…” risuona poderoso in tutte le case salesiane nel mondo. Il ritornello è sempre attuale in ogni latitudine, sotto ogni cielo, dove ci siano giovani che desiderano essere amati, accompagnati, fatti grandi come uomini e come cristiani, ma anche i tanti meno giovani ex allievi di un tempo: “DON BOSCO RITORNA FRA I GIOVANI ANCOR!”.

È sia un’affermazione ma soprattutto una invocazione, e anche un grido di gioia. La musica ha ritmo di marcia e mette allegria in corpo, ma non tutti conoscono la vera storia di questo canto. Quando morì don Bosco, la congregazione salesiana manifestò il desiderio di tumulare la salma del futuro “Santo dei Giovani” all’interno della Basilica di Maria Ausiliatrice, costruita proprio per volere di Don Bosco su ispirazione della Vergine Maria che gli apparve in sogno, ma le autorità furono irremovibili nel negare il permesso. La salma di Don Bosco venne così tumulata nella casa salesiana di Valsalice, sulle alture di Torino.

Nel 1929, quando Don Bosco venne portato agli onori degli altari con una solenne beatificazione, fu ottenuto finalmente il permesso delle autorità di traslare la salma del Beato Giovanni Bosco all’interno della Basilica di Maria Ausiliatrice. Per l’occasione venne composto un canto ufficiale che avrebbe accompagnato la solenne processione da Valsalice a Valdocco e sarebbe diventato l’inno ufficiale della beatificazione di Don Bosco (sotto, in una immagine dell’Agenzia iNfo Salesiana).

Vaticano - Canonizzazione di Don Bosco

Se ne occuparono della composizione don Michele Gregorio, che era un buon musicista ed un prolifico compositore di musica sacra, assieme a don Secondo Rastello che si occupò dei testi.

Il poeta don Rastello, con straordinaria intuizione, aveva paragonato la discesa di Don Bosco dai colli torinesi con Mamma Margherita nel lontano 1846 con la discesa delle sue spoglie dagli stessi colli nel giorno della sua gloria, il 9 giugno 1929, scrivendo:” Don Bosco ritorna fra i giovani ancor, ti chiaman frementi di gioia e d’amor…”

Oggi, gli ex allievi salesiani di Vendrogno con la collaborazione di tutti gli ex allievi salesiani delle altre case rendono attuale quel canto e quel ritornello, invocando don Bosco a ritornare ancora tra i giovani con il suo sistema educativo “preventivo”, di cui ricordano i tanti benefici della comunità educante del collegio Giglio di Vendrogno dove sono “cresciuti” migliaia di giovani delle nostre terre. E lo fanno con una iniziativa un po’ insolita, quella che si terrà venerdì 19, alle 20:45 a Bindo di Cortenova nella sala Circolo Acli in via Provinciale.

L’origine di questa serata nasce dalla grande preoccupazione di Papa Francesco, quando affermò che siamo nel mezzo di una catastrofe educativa. Il nostro Arcivescovo, una domenica sera dopo l’intervento del Papa, fece tenere aperte tutte le chiese della diocesi e invitò i fedeli alla preghiera. Gli ex allievi, nei loro incontri, soprattutto commemorando i grandi educatori come don Luigi Melesi e ricordando l’indimenticabile don Camillo ultimo direttore di Vendrogno e parroco della Muggiasca, si interrogarono su quale risposta o aiuto potessero dare anche loro.

L’argomento è complesso, non ci sono le ricette miracolistiche e forse scarseggiano le risorse e il coraggio. Chissà, che tornando indietro nel tempo e rievocando i trascorsi al collegio Giglio, non nasca qualche idea. Questa è la sfida da cui nasce l’iniziativa del prossimo venerdì. Aiuta le riflessioni il collegio del passato, che era una completa comunità educante. Era prima di tutto un luogo dove si imparavano e si praticavano i valori della comunità. Il collegio era la società, la famiglia, la chiesa, l’oratorio, la scuola, l’associazione degli ex allievi, il luogo dove si andavano a trovare i “superiori” educatori per chiedere che celebrassero il proprio matrimonio, il battesimo dei figli, il festeggiamento di importanti ricorrenze o anche l’aiuto per affrontare i problemi difficili della vita. Tutti trovavano una risposta e un conforto.

Le famiglie di quei tempi, che non erano benestanti, facevano tantissimi sacrifici per mandare i figli in collegio. Non era l’invio in collegio una delega in bianco, fatta ad altri per l’educazione dei figli. Era piuttosto un investimento educativo, consapevoli di quanto fosse necessario provvedervi per fare dei buoni cristiani, dei buoni lavoratori e degli onesti cittadini. Almeno queste erano le speranze dei genitori.

Il collegio accoglieva i giovani con bravi educatori. C’erano gli assistenti che erano un po’ i fratelli maggiori ed erano gli animatori, il catechista che si occupava dell’impegno di “fare dei buoni cristiani” anche con catechesi che nei tempi passati erano tra le più innovative. Quante volte raccontarono i sogni di don Bosco che furono spesso utilizzati, con grande successo, anche nelle catechesi parrocchiali preconciliari. Poi c’era il consigliere scolastico, che era il “superiore” che sovraintendeva allo studio, all’apprendimento, all’orientamento e anche all’aiuto nel fare i compiti che venivano assegnati.

Poi il momento di massimo svago erano le ricreazioni, il cortile, il gioco. Forse lì si esprimeva l’azione educativa più efficace. Era nel cortile che l’educatore assumeva il ruolo guida di animatore, trascinatore dei ragazzi, osservando i loro comportamenti nelle condizioni di maggior fragilità e prestando ascolto ai loro bisogni, anche e soprattutto quelli inespressi.

San Giovanni Bosco, verso il 31 gennaio. Tutte le iniziative - Nuova SocietàEra l’”educatore da cortile” il punto di riferimento: ascoltava, osservava, indirizzava, aiutava, giocava, incoraggiava, correggeva… Insomma, applicava il metodo educativo di don Bosco, quello del “sogno” che S. Giovanni Bosco fece a 9 anni, nel 1824 (quest’anno è il secondo centenario). È “il sogno che fa sognare”, che don Bosco ha conservato nella mente e nel cuore per tutta la vita, come lui stesso dichiara: A quell’età (9 anni) ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita”.

In questo sogno, scrive il Rettor Maggiore, oggi Cardinale Fernandez Artime riprendendo uno scritto del suo predecessore,” viene definito a don Bosco il campo di azione che gli viene affidato: i giovani; viene indicato l’obiettivo della sua azione apostolica: farli crescere come persone attraverso l’educazione; viene offerto il metodo educativo che risulterà efficace: il Sistema Preventivo; viene presentato l’orizzonte in cui si muove tutto il suo e nostro operare”.

Gli ex allievi salesiani del Collegio Giglio

 

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