DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA



Il Vangelo di oggi ci presenta l’inizio dei segni compiuti da Gesù con il quale iniziò a manifestare la sua gloria e i suoi discepoli iniziarono a credere in Lui. Ma quale gloria Gesù ci manifesta? Verrebbe da dire: la gloria di saper compiere miracoli.

Ma se però fosse solo questo: perché, per altri miracoli, Gesù non vuole che si dica? Perché fare un miracolo così inutile, di spreco?

Se Giovanni chiama questo miracolo “segno”, il suo significato va colto più nel profondo che non nel semplice cambiamento dell’acqua in vino.

Dal dialogo di Maria con Gesù capiamo che questo miracolo indica che “è giunta la sua ora”.

Ci sono 2 parole, entrambe di Maria, che dicono a Gesù e a noi che quell’ora è giunta e come entrarvi.

 A Gesù: “non hanno più vino”: l’ora di Gesù è scandita dal nostro bisogno.

Il salvare un banchetto di nozze dal finire non più nell’allegria perché non c’è più vino, dice come Gesù non cerchi nel miracolo il proprio prestigio, ma la nostra gioia offerta in abbondanza: una gioia più vera, più consistente della nostra, come il vino di Gesù era migliore del primo preparato.

 E a noi Maria dice come ai servi: “Fate quello che vi dirà”.

Fra le tante e validissime riflessioni che questo Vangelo ci suggerisce (ad es. l’intercessione di Maria, l’obbedienza dei servi, l’eccellenza del vino di Gesù), ce n’è una riferita alla S.Messa: è il nostro vino quello che abbiamo preparato, ma è il suo sangue quello che Gesù ci ridona dopo la consacrazione nostro vino sono il nostro lavoro, le gioie e le delusioni, i sacrifici, tutta la nostra vita con i suoi perché per le cose brutte e il limite per le cose belle, per un senso che vorremmo più grande e durevole di ogni cosa che passa e perfino della morte; è vino di Gesù che Lui accolga ciascuno di questi aspetti e desideri per purificarli, consolarli, benedirli, renderli fecondi per il suo regno e restituirceli come una vita nuova: la sua vita in noi.

Non è un’espressione sdolcinata: “mettere la nostra vita nel calice”, come i servi riempirono d’acqua le anfore, perché Gesù trasformi tutta la nostra vita rendendola più buona e perfino più gioiosa, perché Lui vive in noi.

E l’obbedienza alla parola di Maria: “Fate quello che vi dirà”, trova compimento nell’obbedienza alla parola di Gesù: “Fate questo in memoria di me”.


Don Gabriele
vicario parrocchiale

 

 

 

 

 

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