Sembra contraddittorio l’accostamento della gioia di ieri e il martirio di Santo Stefano di oggi. Ma è proprio la testimonianza la strada sulla quale l’annuncio del Natale procede nella storia per raggiungere tutti gli uomini. Nessuno di noi era presente a Betlemme, ma quell’annuncio è giunto fino a noi attraverso la testimonianza dei primi testimoni oculari di Gesù: primi fra tutti Maria e Giuseppe.
Anche Stefano non era presente, ma è fra i primi anelli di quella lunga catena di testimoni che hanno fatto giungere l’annuncio fino a noi: annuncio di parole, testimoniato con la loro stessa vita.
Quale considerazione possiamo raccogliere?
Anzitutto, la religione cristiana non è la condivisione di un’idea, ma il credere in un fatto: quel bambino che ieri abbiamo adorato nella culla di Betlemme è il Figlio di Dio che ha preso carne in Maria ed è venuto ad abitare fra noi.
E’ iniziata così la nostra salvezza: da Lui, non da noi, da Lui che è venuto a cercare noi.
Ieri abbiamo ascoltato dal Vangelo la nascita di Gesù; è vero che nel Vangelo vi sono anche racconti di miracoli, di parabole, di insegnamenti di Gesù, ma soprattutto parlano di ciò che ha fatto Gesù per noi e che San Pietro riassume così: “per le sue piaghe noi siamo stati guariti”.
Tutta la vita di Gesù prima di essere parola scritta nei Vangeli è stata parola trasmessa dai discepoli e testimoniata con la loro vita, come ha fatto Stefano.
Senza la testimonianza sua, e dei martiri e dei santi che lo hanno preceduto e seguito, noi non crederemmo ai Vangeli.
La nostra fede vive della testimonianza di Stefano e di quella lunga catena di santi e di peccatori perdonati che portano l’annuncio di Gesù fino a noi.
Ora quell’annuncio è consegnato nelle nostre mani perché a nostra volta lo portiamo agli altri con la testimonianza della nostra vita.
A noi non è chiesta la testimonianza del martirio fino alla morte, ma quante piccole morti, cioè quante mortificazioni ci è chiesto di provare per amore di Gesù!
A volte, come dice Gesù stesso, perfino dalle persone più vicine a noi.
Ieri, nel Natale, abbiamo contemplato Dio come un bambino che chiede il nostro amore: non un amore sdolcinato, ma forte e coraggioso.
Oggi celebriamo in Stefano questo amore giunto alla sua pienezza nella testimonianza fino al martirio.
Don Gabriele
Vicario Parrocchiale