LA MONTAGNA CHE VA DI MODA. SERVE UNA VISIONE SOCIALE PER NON PASSARE DALL’OVERTOURISM INVERNALE A QUELLO GLOBALE



Ben vengano incontri come quello organizzato dal Cai venerdì sera in sala Ticozzi insieme all’autore del libro “Inverno Liquido” e a tanti amanti della montagna e tutori dell’ambiente. Una partecipazione certamente favorita dalla moda della montagna che in questi anni si è scatenata, anche in senso positivo. Tutta l’attenzione rivolta alle cime in generale, e a quelle valsassinesi nel nostro piccolo, ha attirato sguardi e favorito studi capaci di evidenziare le problematiche che oggi ben conosciamo e nessuno più nega, dal cambiamento climatico ai risvolti meno felici dell’economia di massa.

Illuminante come suo solito l’intervento del sociologo Aldo Bonomi. Evidenziati i problemi – ci ha spiegato – ora è necessario accompagnare verso il cambiamento e la ricera di una soluzione. E va fatto – mi permetto di aggiungere – non guardando a domani o ai prossimi quattro o cinque anni come suggerito nel dibattito in sala ma con una visione ai prossimi 20 se non addirittura 30 anni.

Non cadrò nel facile qualunquismo definendo  la politica miope e senza idee. Certamente l’intervento del sindaco di Lecco che “come parla bene” ma per dire sostanzialmente nulla, e il mutismo della pur folta schiera di Ambientalmente, non hanno aiutato a ergere il vessillo di chi si occupa di cosa pubblica.

Zitti e buoni anche il presidente della Comunità Montana Valsassina e il sindaco di Barzio (oltre al collega di Abbadia) che invece di cose da dire ne avrebbero avute. Il primo per la più che ventennale esperienza di amministratore, il secondo per le ultime e note iniziative, su tutte la recentissima idea di rispolverare dagli anni Novanta una fantomatica seggiovia Nava-Bobbio.

Merito va dato invece ad Andrea Corti, il primo cittadino di un borgo, Moggio, che più di altri paga il dazio della speculazione edilizia. In modo appassionato, e non c’è ragione di pensare insicero, il sindaco ha spiegato ai presenti come con una seggiovia di 400 metri per i bob intenda salvare una dozzina di posti di lavoro. Sorvolando però sulle centinaia di migliaia di euro di contributi pubblici. Il solito capitalismo all’italiana insomma, quello con i soldi di tutti (l’inciso non è fuori tema perché in sala si è accennato anche di Torino, Fiat e indotto). Timidi gli applausi dalla platea, più di prassi che di convinzione. Mormorii e occhi sbarrati quando suo malgrado ha sostenuto che in Artavaggio, “senza neve non ci va nessuno“.

Pochi chilometri più a nord c’è invece una Alta Valle che lo sguardo ai prossimi 20 anni lo ha gettato e da tempi non sospetti. È stato il primo cittadino di Casargo Antonio Pasquini a ricordare l’intuizione delle Aree Interne, ora esportata in tutta Italia, così come percorsi ciclabili in rete tra Valtellina e Lago, o sforzi per assegnare gratuitamente le strutture produttive negli alpeggi. All’Alpe Paglio e ai Piani delle Betulle si lavora anche per il progetto Winter and Summer, infrastrutture utilizzabili tutto l’anno. “Il tema – le sue parole – non è fare o non fare un intervento, ma è come lo si fa, valutando la sostenibilità sociale, economica ed ambientale”.

Se dunque la politica non si può tacciare di miopia tout court, è innegabile che il più delle volte mostri un certo appannamento. Torna qui lo sprone di Bonomi: non basta più anticipare i problemi, occorre accompagnare i soggetti, mettendosi in mezzo per favorire tessiture sociali. Un richiamo al ruolo delle numerose realtà associative, della necessaria spinta sociale, dal basso, che indirizzi questo cambiamento ormai non più rimandabile.

A proposito di transizione da accompagnare – e riallacciandomi agli interventi della serata – è da ricordare come i Piani di Bobbio vennero sventrati già 30 anni fa. Altri tempi, in cui si accettò che le pietre cedessero il passo a prati meglio sciabili, e che probabilmente fecero la fortuna odierna di quella località. Se chi all’epoca sosteneva visioni diverse rimase voce che gridava nel deserto, sconforta che oggi una figura autorevole come la presidente del Cai di Lecco si dolga per una “aggiustata” a una riva di graminacee non certo autoctone, come non dovrebbe scandalizzare una seggiovia in più in uno spazio ormai compromesso.

Senza dimenticare – altra faccia della medaglia – che l’attività ludica su quei pascoli è il primo argine alla speculazione edilizia (Resinelli docet).

In conclusione, non ci possiamo permettere che a guidare la transizione sia esclusivamente l’interesse economico – perché è fuori di dubbio che gli attori economici siano consapevoli della necessità di un cambiamento, ne va della loro stessa sopravvivenza. Senza una strategia e una visione sociale è forte il rischio che l’overtourism invernale oggi in crisi trovi approdo in un overtourism estivo lungo 12 mesi.

Se mentre ancora discutiamo concederemo l’esclusiva agli affari, ci condanniamo tra 30 anni a vivere un déja vu. Non saranno più la siccità, lo sci, la neve artificiale e i suoi bacini i temi da affrontare e superare, ma di nuovo si parlerà di forze e interessi pronti ad insidiare gli equilibri sociali e ambientali della montagna.

Cesare Canepari

 

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