DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA DOMENICA DI PASQUA



In questa domenica di Pasqua, la voce di Gesù che chiama Maria che piangeva perché credeva che avessero portato via il corpo di Gesù, vuole raggiungere ciascuno di noi e chiamarci per nome. Non è illusorio pensare di essere chiamati da Gesù, ciascuno con il proprio nome, cioè con la propria storia e situazione. È invece fondamentale questo passaggio da un Vangelo letto in modo per tutti, a sentirsi protagonisti in prima persona: oggi, quella Maria che Gesù chiama ridestandola dal suo sconforto, sono io, sei tu. Ma la sua voce, il mio nome da Lui conosciuto e chiamato, ha la forza di ridestare anche me, ciascuno di noi?

L’annuncio che Gesù è risorto è davvero un grido che attraversa tutta la storia, e che ridà vita dove prima c’era delusione, fallimento e morte? Si fa presto a dire così, ma la Pasqua di Gesù è capace di scalfire la nostra storia, di entrare nei nostri sentimenti e di cambiarli, di vivificarli?

Nella Pasqua di Gesù c’è anzitutto la certezza dell’esistenza storica di Gesù. Ma c’è anche la verità di fede della sua risurrezione, annunciata da chi lo ha visto risorto, toccato come Tommaso, testimoniata dai discepoli e, dopo di loro, da una schiera di credenti, di santi, di martiri che hanno portato quell’annuncio fino a noi. “Va’ dai miei fratelli e dì loro…”: è alla Chiesa, a ogni credente, che Gesù affida, come a Maria, il compito di portare l’annuncio della sua risurrezione agli altri uomini del proprio tempo. Ma abbiamo bisogno di saper fare anche noi come Maria: con il nostro carico di fatiche, di delusioni, di amarezze, andare in un luogo di solitudine e di raccoglimento, come dovrebbe essere un cimitero, per ascoltare da lì la voce di Gesù che ci chiama per nome: “quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”.

È sentimentalismo? Noi crediamo sia grazia, cioè il cammino faticoso, e non sappiamo quanto lungo, di un rapporto vero con Gesù che non ignora le proprie situazioni e sconfitte, ma che sa leggere il Vangelo come detto e vissuto da Gesù con lui. Immaginiamo che Maria avesse ancora gli occhi umidi per il pianto quando corse dagli apostoli per portare l’annuncio di Gesù risorto. Anche pere noi, l’augurio di Buona Pasqua che che ci scambiamo e che porgiamo a tutti, non sfugga dal considerare le tristezze e le fatiche della vita, ma con rispetto, condivisione e speranza – certa perché fondata sulla risurrezione di Gesù, ma umile perché anche noi l’abbiamo ricevuta in dono – possiamo porgere l’augurio sincero e convinto di Buona Pasqua.

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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