DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELL’ULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA



Prega in un angolino del tempio, ha gli occhi incollati alla terra, si batte il petto e chiede a Dio l’unica cosa  che poteva osare domandare. Non può pretendere nulla, non può vantarsi di nulla, addirittura pensa che quello che sta chiedendo è troppo, si sente un po’ sfacciato e ne prova forse vergogna: “abbi pietà di me!”. Non riusciva ad azzardare qualcosa di più. Non sarebbero state parole vere quelle che avrebbe trovato. Osa quella preghiera perché probabilmente nel suo cuore risuonano, anche se come voce flebile, parole che descrivono Dio come colui che è misericordioso, tenace nel suo volerci vicino, pronto a offrirci sempre nuove possibilità.  Sono parole che si fanno strada dentro di lui e affiorano nel bellissimo sussurro: “abbi pietà di me”.

Un amico sacerdote descrive pressappoco in questo modo il gesto di battersi il petto: significa riconoscere di avere un cuore di pietra e sapere che qualche volta c’è bisogno di un pugno che apra una ferita dalla quale possa entrare la misericordia di Dio. È insomma dare a Dio una possibilità di raggiungerci nel profondo con la sua grazia.

A chi si riconosce peccatore viene da pregare così, come il pubblicano. Ma così pregano anche i piccoli che riconoscono la loro fragilità, coloro che sanno che tutto ciò che sono e che hanno lo hanno ricevuto. Pregano così coloro che si percepiscono, per il bene che riescono a fare, come una piccola preziosa goccia in un mare immenso di bisogni, di dolore, di fatiche, di male. Pregano cosi coloro che pur essendo giusti non riescono a sentirsi in qualche modo anch’essi responsabili di tutto ciò che non va nel mondo.

Pregano così coloro che si percepiscono mendicanti di bene, di amore, di senso, di speranza.

Dio li vede, li ascolta, sorride, in loro trova gioia e li rende capaci di donare l’amore che da lui ricevono.

Ma c’è anche chi si sente grande, il migliore; c’è chi pensa di non aver bisogno di niente e di nessuno; chi si sente sempre nel giusto e crede che siano sempre gli altri che devono cambiare; c’è chi si lamenta perché crede di meritarsi molto di più di ciò che hanno. Ci sono coloro che guardano dall’alto in baso tutti gli altri. Ci sono quelli che credono di sapere tutto anche su Dio. E la loro preghiera? Non arriva nel cuore di Dio, rimane solo un esercizio di superbia. Parole al vento che possono solo riportare al mittente come povertà e tristezza le cattiverie che hanno proclamato.

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

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