DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA QUINTA DOPO PASQUA



Gesù è nel cenacolo con i suoi discepoli. È l’ultima cena che vive con loro prima della sua passione e morte. Tutte le parole pronunciate da Gesù durante la cena possono essere considerate il suo testamento perché Gesù ha ben intuito cosa gli accadrà. I capi di Israele sono determinati a ucciderlo.

Durante la cena Gesù si rivolge anche direttamente a Dio con una preghiera accorata, intensa.

Gesù chiede che attraverso il dono della sua vita venga glorificato. Entrerà nel buio del tradimento, del rinnegamento, della solitudine, del dolore morale, spirituale e fisico. Sarà abbandonato da tutti e proverà angoscia. Ma nella preghiera tra i suoi chiede che il cammino che lo attende sia un cammino di gloria. Chiede che il suo cammino in discesa fin dentro il baratro della morte non abbia come meta il nulla ma la gloria, sua e del Padre. Chiede che la croce non sia segno di maledizione ma manifestazione della gloria di Dio.

Il chiedere di Gesù è un po’ diverso dal nostro. Noi chiediamo sperando di domandare la cosa giusta, noi chiediamo e speriamo che si realizzi ciò che chiediamo. Quello che Gesù chiede, crede che accadrà certamente e il suo chiedere forse non è altro che dire ancora nella preghiera a Dio la sua totale disponibilità alla sua volontà, è espressione di una comunione profonda  con colui a cui si rivolge. La sua preghiera è un consegnarsi totalmente con gioia, fiducia, senza alcuna esitazione alla volontà di salvezza per ogni uomo, condivisa da sempre con il padre e realizzata nella sua vita con libertà.

Brillerà in tutta la sua verità e bellezza l’amore di Dio verso ogni uomo, la sua volontà di salvezza, il suo desiderio di avere ogni uomo accanto a sé per sempre. L’amore verso tutti considerati finalmente come figli e fratelli si rivelerà come potenza di vita e di vittoria sul dolore e sul male.

La croce sulla quale sarà innalzato non sarà supplizio sconvolgente ma glorificazione. Gesù lo aveva detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.

Dobbiamo imparare a vedere la croce e la passione di Gesù e le nostre come “gloria”. E’ la possibilità di non cedere alla disperazione, di non fuggire ma rimanere, resistere nella fede pura e continuare a desiderare di amare e condividere, di fare della nostra vita un dono.

Quell’ultima sera Gesù ha pregato anche per ognuno di noi e la sua è una grande preghiera di intercessione. Gesù si mette tra Dio e noi e prega perché l’esperienza della croce, del dolore non sia di disperazione ma di gloria, che nessuno si perda ma sappia piuttosto amare, amare tantissimo e fare dell’amore quella luce capace di sbaragliare ogni buio, ogni tenebra. Entriamo nella preghiera di Gesù e facciamola nostra, per noi, per i nostri cari, per tutti.

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

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