DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA SESTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Anche il brano della lettera agli ebrei ci invita a leggere le letture di questa domenica come se fossero attraversate dal filo rosso del tema dell’alleanza. Nella prima lettura è descritto il rituale antichissimo dell’alleanza tra Dio e il suo popolo sancito con il sangue versato sull’altare e asperso sul popolo dopo aver letto le parole dell’allenza accolte con un giuramento di impegno di vita da parte del popolo. Il sangue versato celebrava un legame di appartenenza profondo e tenace come il legame di sangue a dire che Dio e il popolo diventano consanguinei. Il legame chiedeva al popolo l’ubbidienza alla legge che Dio avrebbe poi dato a Mosè sul monte Sinai. Doveva esserci corrispondenza di fedeltà nel legame sancito con il sangue. L’iniziativa dell’Alleanza è di Dio, e sicuramente c’è sproporzione tra ciò che lui fa e ciò che può fare l’uomo. All’uomo è richiesta come condizione imprescindibile per rimanere nell’alleanza l’impegno a ubbidire ai comandamenti.

Nel racconto poi ci sono diversi particolari che fanno pensare alla potenza e alla trascendenza di Dio. Il sangue di tanti sacrifici, l’esperienza della visione della gloria di Dio riservata a Mosè, Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d’Israele. La nube che separava Mosè sul Sinai e il popolo. E infine “La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna”.

Diversa è la celebrazione dell’alleanza sul Calvario. Gesù è sulla croce, è il suo altare. Il sangue versato è solo il suo e sgorga con acqua dal suo fianco colpito da una lancia. Dal suo fianco sgorga una vita nuova regalata a tutti: sangue e acqua ne sono i simboli. Durante l’ultima cena Gesù aveva detto che il suo sangue versato era per una nuova ed eterna alleanza. Non più sangue di animali ma il sangue di Gesù crocifisso, Gesù che ama fino al dono totale della sua vita per noi, un dono offerto proprio nella sua morte sulla croce.

Sulla collina del calvario non c’è nulla a dire l’inaccessibilità del mistero di Dio, la “distanza” tra lui e noi.

Non c’è un monte coperto di nubi, non c’è fuoco divorante che avvolge tutto. Il calvario è accessibile a tutti, anzi Dio è lì dove non avresti mai immaginato, nel luogo dei malfattori. E lì, proprio lì su una croce, l’uomo è bagnato dal suo sangue che così, proprio lì, racconta di un amore fino al dono della vita, un amore esagerato, immeritato, inimmaginabile. Sangue e acqua. Anche l’acqua racconta qualcosa di straordinario.

L’acqua è vita, il sangue versato dona vita, quella vera. L’amore di Gesù dona vita, quella vera.

Nel brano di Vangelo c’è qualcosa di unico che ci permette di riconoscere davvero, come lui stesso dice, che il dono della sua vita sulla croce è il compimento di tutta la storia della salvezza.

“Chinato il capo, consegnò lo spirito”. È l’ultima consegna di Gesù. La vita stessa di Dio per noi per renderci capaci di amore verso di lui e di amare come lui.

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo