DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA 6ª DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Il vangelo proposto oggi ci presenta le frasi conclusive del discorso missionario di Gesù ai suoi discepoli. È un discorso in cui Gesù offre ai dodici le “istruzioni” per affrontare la missione che lui gli ha affidato. Non sarà facile per loro, così come non è per niente facile oggi per noi essere “missionari” nella nostra vita. Dovranno accostare le pecore perdute della casa d’Israele, dovranno curvarsi su ogni forma di povertà, di dolore. Si troveranno come agnelli in mezzo ai lupi e dovranno rimanere sempre “umili e miti” come agnelli. Non potranno vivere la missione se non secondo uno stile di essenzialità, di povertà, di fraternità per essere credibili, liberi, efficaci nell’offrire la loro testimonianza di amore verso Dio e verso gli altri. Dovranno essere poveri per indicare la ricchezza straordinaria della paternità di Dio e della fraternità tra noi.

Avranno a che fare con gente che li metterà sotto accusa davanti alle autorità, rimediando derisioni, esclusioni e percosse…

Vivranno rapporti difficili persino con i loro cari, amici e famigliari.

Gesù chiede loro di essere pronti a perdere la propria vita per la causa del regno.

Il discorso si conclude con le parole del vangelo proposto la prossima domenica. Per sei volte ricorre il verbo accogliere. Il numero sei nella scrittura indica l’uomo, creatura che è fatta per Dio, che non trova pace finché non trova riposo in Dio. Il numero di Dio è il sette e l’uomo, creato poco meno inferiore degli angeli, trova in Dio la sua salvezza e pienezza e pace. Il verbo accogliere è il verbo dell’uomo che deve accogliere l’amore, la misericordia di Dio e deve vivere l’accoglienza degli altri. Così vive al meglio la sua tensione verso Dio. Il suo impegno ad essere davvero Figlio di Dio.

Gesù dice ai suoi discepoli che saranno anche accolti e questa sarà per loro una esperienza bellissima, “divina”. Si “divina” perché in qualche modo parteciperanno a ciò che il padre e Gesù vivono nell’accoglienza d’amore vicendevole.

Il padre ha mandato loro Gesù e loro accogliendo Gesù hanno accolto il padre. Ora i discepoli sono mandati da Gesù e chi li accoglie accoglie Gesù, mandato dal Padre a tutti. Nell’accoglienza si è reciprocamente dono. E questa è una cosa stupenda.

Quella che è stata l’esperienza di Gesù diventerà la loro. Saranno accolti da chi non si aspetteranno, da chi apparentemente non avrà nulla da mostrare in merito ad una capacità di accogliere il Vangelo, il Regno. Per loro stessi è stato così…chi avrebbe scommesso su di loro? Chi li avrebbe cercati come discepoli cui riporre tutta la propria fiducia?

Infine è bene ricordare che cosa è l’uomo agli occhi di Dio. E’ la creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio Creatore. La suprema dignità di ogni essere umano è nel suo essere l’unica vivente immagine di Dio. Per questo nessun potere può disporre dell’uomo, nessun uomo può disporre dell’altro uomo, perchè nessuno può disporre di Dio. Accogliere l’uomo vuol dire accogliere Dio stesso.

E, di più, ogni uomo è figlio amato cui Dio Padre ha pensato di donare il suo Figlio prediletto, Gesù.

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo