BARZIO – Ci hanno lavorato da inizio estate, quattro mesi per redigere regole che possano consentire gli sport invernali all’aperto, per non abbattere un settore che in Lombardia occupa 17mila addetti e muove un indotto stimato in quasi 120mila lavoratori. L’idea lungimirante partita dal Trentino e dall’Alto Adige ha presto coinvolto il Veneto, la nostra regione e adesso anche la Val d’Aosta.
I gestori degli impianti si sono messi assieme per stendere un Protocollo tecnico condiviso, portato ieri sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni.
Ora bisognerà capire se Roma vorrà ascoltare la proposta venuta dal basso o se continuerà su una linea a volte basata sull’emozione di un momento – come è successo per la chiusura dei pochi impianti già aperti, imposta dalla ormai famosissima foto scattata a Cervinia.
“A marzo si conosceva poco il virus – spiega Massimo Fossati amministratore di ITB, la società che gestisce gl’impianti di risalita di Bobbio/Barzio – ora sappiamo tutti quali misure personali adottare. Alla base del protocollo come punti di partenza le normative dei provvedimenti sul trasporto pubblico, come ad esempio la percentuale di occupazione entro l’80% della capienza. E di lì, altri accorgimenti quali le cabinovie in viaggio con i finestrini aperti. D’altra parte lo sciatore utilizza un abbigliamento già di per sé protettivo, quasi fosse un operatore sanitario. Ci sono la tuta, il casco a coprire i capelli, gli occhiali, i guanti, al posto dei calzari gli scarponi. Certamente va aggiunta la mascherina” riflette Fossati, anticipando quali potranno essere le norme anti Covid in grado di superare il congelamento delle attività della prossima stagione.
In ogni caso, a novembre Barzio utilizzerà ogni finestra di freddo a disposizione per avviare l’innevamento artificiale e preparare le piste all’eventuale apertura dell’Immacolata, il primo week-end di dicembre. Un investimento finanziario cospicuo che all’ITB sperano non rimanga vano.
“A Bobbio il percorso della funivia è al di sotto dei 7 minuti, un intervallo ritenuto di sicurezza. Con il distanziamento all’80% della capienza e i finestrini aperti, bloccare la nostra attività non ha senso. Anche perché siamo all’aperto, in spazi enormi dove si può stare facilmente anche a due metri l’uno dall’altro”.
“L’unica criticità potrebbe essere il trasporto, ma se non si fermano le metropolitane e i treni, perché noi? Che abbiamo seggiovie (quindi non al chiuso)? In più per ogni cabinovia è presente un operatore in grado di controllare se chi sale indossa la mascherina e se c’è il rispetto del numero massimo di occupanti. Non può una foto come quella di Cervinia immobilizzare tutto un settore. Ci sono posti anche in Lombardia che senza una stagione muoiono“.
La rabbia nasce pure dal fatto che questa volta gl’imprenditori si sono mossi per tempo, superando la naturale concorrenza tra impianti e territori per presentare questo protocollo di autodisciplina ora al vaglio del Governo.
RedBar