LECCO – “Mentre il 28 aprile l’Anpi ricordava il sacrificio di alcuni partigiani morti per la libertà, nei pressi dello stadio un manipolo di sedicenti camerati dava vita a una lugubre e cupa fiaccolata per glorificare chi, sotto l’inganno di una bandiera bianca, uccise alcuni valorosi partigiani”.
Così il consigliere Paolo Lanfranchi a nome della lista Territorio bene comune ha chiesto conto in consiglio provinciale della presenza del sindaco di Casargo Antonio Pasquini – a sua volta eletto nell’assemblea di Villa Locatelli, nella maggioranza – durante la celebrazione post fascista dei caduti repubblichini andata in scena nei pressi del Rigamonti-Ceppi.
La presidente della Provincia Hofmann ha deciso di considerare la richiesta come un “Question time”, rinviando così la risposta in materia al prossimo consiglio. Sono comunque molte le critiche piovute sul borgomastro dell’Alta Valsassina, da sempre promotore della manifestazione dedicata ai fucilati della RSI – che lo stesso Pasquini “rivendica” e alla quale quest’anno ha tenuto l’orazione ufficiale, citando un discorso “pacificatore” di Luciano Violante.
Evento quantomeno sfortunato, quello di quest’anno, giacché i promotori (“corretti” rapidamente dal valsassinese) si erano firmati per l’occasione “i camerati” – scatenando la reazione immediata e ferma del centro sinistra lecchese e, accanto alla partecipata manifestazione antifascista lanciata in contemporanea da ANPI e PD, una serie di scontri anche fisici tra lo spezzone “antagonista” (anarchici e collettivi vari) e la Polizia, schierata anche a difesa della sede del Comune di Lecco, preso d’assalto dagli estremisti.
Vicende senza precedenti nel capoluogo, per una giornata di violenze che rilancia la necessità di chiarimenti su un ritrovo – quello del 28 aprile allo stadio – sul quale andrebbe aperta quantomeno una verifica, a partire dalle autorizzazioni ricevute dai nostalgici del fascismo.
Pasquini compreso.
VN