Suona la sveglia. Mi alzo di corsa mezzo addormentato, porto fuori la spazzatura sperando di azzeccare il giorno della differenziata, torno dentro, metto a scaldare il latte intanto accendo il telefono e guardo i messaggi arrivati la sera prima.
Faccio colazione mentre guardo le notizie nel telegiornale, cerco i risultati del calcio e leggo l’oroscopo del giorno. Parto, mi piace arrivare qualche minuto prima dell’orario in fabbrica per fare le cose con calma.
Accendo il mio tornio, faccio gli zeri della macchina, mi sistemo le cuffie, i guanti e mi metto al lavoro. Il tempo al lavoro non passa mai, la mattina si fa eterna, almeno fino alle 11 quando manca poco per la pausa.
Si torna a casa per il pranzo, dopo mangiato forse è ancora peggio, le flange continuano ad uscire e fino alle 4 si fa dura, poi ancora l’effetto “torno a casa” ti cambia l’umore. Sono le 5, si chiudono i conti, si compilano i cedolini e finalmente si va a casa.
Così cinque volte a settimana per quattro settimane al mese per undici mesi all’anno, si chiama routine… mai avrei pensato che questa routine fosse così bella, ci è pensato un virus a farmela amare e apprezzare, ho voglia di normalità, ho voglia di annoiarmi guardando girare un mandrino, ho voglia di girare un inserto o sporcarmi le mani col grasso di un tornio…
#andràtuttobene
Fer