DDL MONTAGNA IN SENATO: ANALISI UNCEM SU COSA C’È E COSA MANCA



ROMA – Cosa c’è e cosa manca. Molti temi, molti punti. Il dossier Uncem diffuso in queste ore fa il punto estivo sul ddl montagna in esame in Senato. C’è molto lavoro da fare, sul testo, e poco tempo. Agosto porti azione concreta, visioni, strategie. I lavori in prima Commissione, dopo il ciclo di audizioni, sono proseguiti tra giugno e luglio. Ora il testo potrebbe approdare in Aula a Palazzo Madama, forse a settembre.

Uncem evidenzia come manchino però diversi temi. Altri sono da approfondire. E che il fondo montagna che nel 2024 verrà ripartito alle Regioni per totali 196 milioni di euro, dal 2025 dovrà essere portato a 1 miliardo di euro annui. La legge di bilancio 2025 è il punto vero per il lavoro volto a incrementare il FOSMIT. Anche le Regioni devono investire loro risorse e non solo “aspettare” il fondo nazionale in quota parte. Solo cinque hanno un “fondo regionale montagna”. Secondo Uncem – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani – è troppo poco. Serve un cambio di passo.

Uncem nel dossier propone anche una serie di ulteriori puntuali emendamenti al ddl. Sui servizi ecosistemici ambientali ad esempio, sul contrasto all’abbandono dei terreni e sugli incentivi alle imprese. Molte questioni che potrebbero essere “montate” nel ddl anche senza bisogno di risorse aggiuntive. Uncem chiede anche al Parlamento di agire in fretta sulla riorganizzazione del sistema istituzionale, ovvero come i Comuni lavorano insieme. Grandi e piccoli insieme. Non fusioni imposte, che sarebbero dannoese e poco efficaci, bensì collaborazione, interazione, riorganizzazione sul modello delle storiche e, a prova di futuro, Comunità montane. Serve una cornice chiara nazionale. Ma qui entrano in gioco le Regioni, troppo timide su questo punto.

Ma di certo, sottolinea Uncem nel dossier, se anche le questioni ordinamentali non trovano posto nel ddl montagna in esame in Senato, l’organizzazione dei Comuni montani ora auspica una completa revisione del TUEL. Per evitare che si faccia ricorso a fantomatiche agenzie o enti vari di sviluppo – sarebbero grave errore, da non correre – invece di puntare sul lavoro insieme tra Comuni, grandi e piccoli, efficaci, aggregazioni istituzionali democratiche e decisive per politiche di sviluppo e servizi alle comunità.

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