ALPINISMO, LO STRAORDINARIO DENIS URUBKO IN VALSASSINA



URUBKO AL MICROFONOINTROBIO – Raccontare Denis Urubko non è semplice, per cui partiamo dalle cose più facili. E cioè dicendo che quella di ieri sera è stata un’occasione unica messa insieme in quattro e quattr’otto da Giovanni Codega e Adriano Airoldi nel post Simoncelli.

Una cena tra amici, presumibilmente pochi. Poi i whatsapp hanno fatto il giro della Valle, sono arrivati a Premana e nell’arco di un paio d’ore il gruppo ha valicato quota cinquanta e non era finita lì.

D’altronde, Denis Urubko (un russo riuscito in qualche modo a farsi naturalizzare polacco) è un “unicum” nell’alpinismo mondiale. Qualcuno sostiene sia attualmente il più forte, ma, credo di sapere, quello delle arrampicate è un universo in continua evoluzione e talmente sconfinato che tracciare limiti o fare graduatorie spesso lascia il tempo che trova.

Urubko, per i meno addentro nelle cose di montagna, è quel personaggio che voleva scalare il K2 in invernale assieme ad una spedizione polacca. Flavio Spazzadeschi (di ottomila ne sa qualcosa) dice che quando ha conosciuto i nomi ha capito che sarebbe servito un miracolo per tenere insieme una squadra di prime donne. “Quando parlano hanno tutti ragione”, dice, e così è stato.

Tanto che Urubko, ad un certo punto, se ne è andato per i fatti suoi a fare una passeggiata verso la vetta del ChogoRi o K2 che dir si voglia lasciando il resto della compagnia a discutere di previsioni del tempo e di chissà che altro al campo base.

Ma c’era un motivo ben preciso attorno a questa sua impazienza: per una convenzione che nessuno ha mai scritto ma che è dogma per alcuni alpinisti, in Himalaya l’inverno termina il 28 febbraio, per cui, essendo arrivato il 26, o fai il tentativo oppure te ne torni a casa e arrivederci alla prossima.

Il destino, però, aveva in serbo per lui e per altri nuove tragiche sorprese.

Urubko torna al campo dopo essere salito a 7.600 metri e viene raggiunto, con il resto della spedizione, da una notizia: sul Nanga Parbat si sta consumando un dramma, ci sono una francese, Elisabeth Revol, e un polacco, Tomek Mackiewicz, bloccati da qualche parte

Il K2 con il suo inverno può, anzi deve, attendere.

URUBKO 1PSu un elicottero pakistano Urubko e Adam Bielecki (altro campione polacco di quelle altitudini) traslocano dal ChongRi al Nanga Parbat e grazie alla perizia dei piloti riescono in qualche modo ad atterrare dove volevano per poter tentare il salvataggio.

Come è andata lo hanno raccontato le cronache ed è entrato nella storia: La Revol viene trovata di notte mentre vagava per la montagna e capisce che la sua ora poteva dirsi ancora lontana, mentre il destino di Tomek sarà di restare per sempre a far compagnia a quella vasta schiera di uomini e donne che popola silenziosa i deserti di ghiaccio essendosi offerta alla montagna ed alle sue leggi.

Abbiamo visto alcune foto, abbiamo ascoltato le sue parole, abbiamo sentito in un video il suo respiro affannoso mentre sale a cercare la francese.

“C’era un modo per andare a trovare Tomek: lasciare lì Elisabeth e salire”. Il che avrebbe voluto dire, con ogni probabilità, due sicuri sacrifici e quindi lui e il suo compagno hanno scelto di salvarne almeno uno ed al momento della scelta anche questa opzione poteva non rientrare tra quelle possibili.

Ovviamente non si può raccontare tutto di Denis Urubko e rimandiamo per approfondimenti ad un libro che, ne siamo certi, qualcuno scriverà su di lui.

Allora scopriremo che si era arruolato nell’esercito, che viveva di espedienti e che oggi, invece, ha tanti amici tra i quali tutta la Camp e Franco Acerbis, il tycoon dei componenti per moto, che gli ha dato una casa dove vive da quando è in Italia, lo sostiene finanziariamente e, quest’anno, dovrà pagare dazio perché Denis gli ha detto che si sta organizzando per tentare il Cerro Torre. E siccome il buon Franco qualche tempo fa gli aveva detto che se fosse andato in Sudamerica gli avrebbe pagato tutto (o quasi), il bravo Denis ora vuole passare al banco a riscuotere la promessa.

L’incontro con Camp, invece, è stato casuale. Dicono che sia stato Simone Moro a presentarlo ad Orazio Codega in Nepal e da lì sia nata una storia di stima e, anche, di affetto, che dura da diciotto anni e per chissà quanti altri ancora.

Ma ieri sera c’era anche la Valle degli ottomila. C’erano Flavio Spazzadeschi, Erma Pomoni e Gerolamo Gianola che giusto trent’anni fa riuscirono (prima spedizione dell’allora provincia di Como) a violare una delle cime più alte del mondo, il Cho Oyu.

URUBKO E SPAZZADESKI - Copia
Al termine della cena Denis e Flavio si sono seduti vicino ed hanno cominciato a parlare fitto fitto e cosa si siano detti resta affar loro e noi possiamo solo immaginarlo.

Siamo riusciti in tanti a stringergli la mano: devo dire che è stata una emozione pensare che era la stessa mano che poche settimane fa, a migliaia di chilometri di distanza dalla Fregera e a qualche migliaio di metri verso il cielo, aveva afferrato una vita altrimenti destinata a diventare un fantasma di ghiaccio e neve.

Questo è quanto è successo ieri, 20 marzo 2018, primo giorno di primavera in Valsassina, ventesimo giorno della nuova stagione in Himalaya.

Riccardo Benedetti

 

 

 

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