BERGAMO – Quanto vale la vita di un soccorritore? Capita spesso che dietro a un intervento in apparenza semplice e di routine ci sia in realtà un dispiegamento di forze e una serie di complessità che è difficile immaginare. Una distorsione a una caviglia, per esempio, non richiama l’attenzione come un intervento più grave e così l’operazione passa in secondo piano.
Nei giorni scorsi, la VI Delegazione Orobica del Cnsas ha portato in salvo una persona che per fortuna non ha avuto traumi gravi ma l’intervento è durato oltre 11 ore e ha richiesto l’impegno di una trentina di uomini. Il luogo era molto impervio e tutto è andato bene solo per l’abilità che le squadre e l’elisoccorso hanno dimostrato: anche una manovra che sembra immediata in pochi minuti può trasformarsi in qualcosa di molto più critico. I tecnici hanno raggiunto la quota di 2.700 metri salendo a piedi, con diverse ore di cammino, carichi di materiali perché le condizioni meteorologiche momentanee impedivano l’uso dell’elicottero. Se poi la persona, a volte persino illesa, si trova in un punto molto esposto, il rischio per tutti può essere considerevole.
“Le buone notizie – racconta il Soccorso alpino bergamasco – sono meno clamorose delle tragedie e a volte passano in silenzio, ma è doveroso ricordare che va tutto bene perché dietro ci sono persone con anni di esperienza, abnegazione e coraggio a fare in modo che questo accada. I nostri soccorritori si attivano non appena vengono allertati, lasciano a casa la famiglia, gli impegni, magari il conforto di una minestra calda lasciata a metà, per correre verso chi ne ha bisogno. E come in questo caso, partono la mattina e rientrano alle due di notte. Per questo insistiamo tanto sulla prudenza e la prevenzione del rischio: se poi c’è il lieto fine, siamo tutti contenti, ma non bisogna mai dimenticare che la vita, anche di un volontario, è sacra”.