Nel Vangelo di oggi Gesù, interrogato da un fariseo, risponde che il più grande comandamento è amare Dio con tutto il cuore, ma subito aggiunge il comandamento, simile al primo, di amare il prossimo come se stessi: e conclude dicendo che in questi due comandamenti si racchiude tutta la Legge e i Profeti. Soffermiamoci su ciascuno di questi comandamenti. “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, la tua mente”. Come si fa?
Se riflettiamo seriamente, ci accorgiamo come non sappiamo né riusciamo ad amare Dio partendo dalla nostra volontà.
Noi non possiamo amare ciò che non conosciamo, e Gesù dice nel Vangelo: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vuole rivelare”: la conoscenza di Dio, dalla quale può nascere l’amore, è dono di Dio che noi possiamo solo ricevere.
È un dono offerto a tutti, ma non tutti lo sanno ricevere e comprendere.
Il mistero di Dio si è manifestato nella forma più alta sulla Croce, ma alcuni erano là solo per vedere lo spettacolo, altri hanno forse compreso qualcosa, altri ancora hanno compreso di più, fino ad affacciarsi sul mistero di un Dio che è amore: solo questa conoscenza di Dio può far nascere in noi l’amore per Lui.
Per amare Dio dobbiamo partire dal suo amore per noi: è Lui che ci ha amati per primo.
Poi Gesù aggiunge un secondo comandamento simile al primo: è amare il prossimo come se stessi.
L’amore per Dio non deve distoglierci dall’amore verso il prossimo; anzi l’autenticità dell’amore verso Dio che non vediamo la verifichiamo dall’amore verso il prossimo che vediamo.
Nel Vangelo non c’è nessun rimprovero per chi ama il prossimo e dimentica Dio.
C’è invece la condanna di chi rifiuta di sostenere i propri genitori, giustificandosi di aver dato in offerta al tempio l’aiuto che avrebbe dovuto dare loro.
E Gesù non dice: “Quello che fai a me lo fai a loro”, ma dice: “Quello che fai a loro lo fai a me”.
Se la prima lettura di oggi mette in evidenza l’amore che dobbiamo a Dio, S, Paolo arriva addirittura a dire che tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Non sono i segni religiosi, pur cosa buona, a comprovare l’autenticità del nostro amore per Dio, ma l’amore concreto verso il nostro prossimo.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale