MARCO RUFFINONI DA INTROBIO IN SEMINARIO: UNA VOCAZIONE SPECIALE



Marco non è proprio un giovane qualsiasi della Valsassina cattolica. Da quando aveva 13 anni è impegnato a Introbio come sacrestano e in Oratorio come animatore prima e come educatore-catechista poi in aiuto dell’anziano don Cesare Luraghi assieme all’amico Pietro Agostani. Ruffinoni con don Galli prima e don Zanotti poi ha tenuto la segreteria della Pastorale Giovanile della Valsassina organizzando nelle varie realtà pastorali le consulte, di cui è stato anche co-estensore degli ordini del giorno.

Grande appassionato di montagna, studioso ed estimatore della tradizione liturgica, in molti si attendevano la sua chiamata di Gesù, tanto che sono stati in pochi, tra chi lo conosce, a stupirsi della sua vocazione davvero speciale.
 

Ecco una breve intervista a Ruffinoni: 
 

Ti puoi presentare?

Sono Marco Ruffinoni, abito a Introbio e ho 19 anni. Ho studiato presso il Liceo Scientifico di Lecco “G.B. Grassi” e dal prossimo 18 settembre comincerò il percorso di discernimento vocazionale presso il Seminario Arcivescovile di Venegono Inferiore (Va)

Come è maturata la tua vocazione? Ci puoi descrivere la chiamata di Gesù?

Quando ho intuito che forse il Signore voleva qualcosa di più da me oltre a ciò che facevo normalmente in parrocchia (oratorio, servizio liturgico, catechesi), ho provato a parlarne con don Marco Zanotti, il quale mi ha consigliato un percorso di discernimento vocazionale chiamato “Un coraggioso Salto di Qualità”; questo percorso, durato alcuni weekend e incominciato in quaresima, offre ai partecipanti gli “strumenti” per fare un serio e consapevole discernimento. Partendo da alcuni brani significativi della Parola di Dio (come la chiamata di Simon Pietro, o quella dei 12 apostoli), meditandoli nella preghiera e nell’adorazione Eucaristica, è possibile riesaminare tutta la propria esperienza e quindi far maturare e vagliare quell’intuizione sorta nel cuore. Quando uno ha fatto un po’ di luce su qual è la propria vocazione allora poi si va a vedere anche cosa vuol dire “essere prete”, ma solo allora! Quando uno entra in seminario lo fa anzitutto per verificare la propria vocazione … non di certo per imparare un mestiere.

Come hanno preso la tua decisione i tuoi famigliari e soprattutto i tuoi amici?

All’inizio questa mia decisione ha suscitato un po’ di sconvolgimento: mia mamma e mio papà non erano molto dell’idea, benchè avessero già intuito qualcosa e quindi non sia stato proprio un fulmine a ciel sereno. Nel giro di qualche giorno però poi hanno dato il loro incondizionato sostegno per una decisione che sanno essere stata meditata a lungo e con profondità.

Tra i miei compagni di scuola invece, benchè non tutti siano credenti, seppur con qualche difficoltà, hanno compreso subito che questa potrebbe essere la mia vocazione e quindi so di avere il loro sostegno affettivo; questo credo sia molto importante, perché sapere che la tua famiglia, la tua comunità e i tuoi amici ti sostengono è fondamentale per intraprendere un cammino sicuramente non facile ma estremamente bello.

Oggi fare il sacerdote è molto più difficile che in passato.I preti sono sempre meno e dovranno esercitare il loro magistero in una realtà sempre più atea. Che ne pensi?

Non credo che 50 o 100 anni fa fosse più facile fare il prete; credo che oggi, rispetto al passato, siano cambiati gli scenari, la mentalità, anche il rapporto dell’uomo con la fede, rendendo sicuramente più difficile “fare” il prete. Penso che il segreto della vita umana, sia di quella di un sacerdote sia di quella di un laico, sia quello di vivere e trasmettere la gioia del Vangelo, soprattutto ai giovani. Tante volte, se le chiese sono vuote, è colpa di noi cristiani che non sappiamo vivere con gioia! (e questa cosa Papa Francesco ce la ricorda spesso). Solo trasmettendo il messaggio bello e gioioso del Vangelo potremo cambiare in meglio la nostra società

Che suggerimento ti senti di dare a chi vorrebbe intraprendere la tua strada, a chi si deve rivolgere? Che percorso deve seguire?

Il primo suggerimento, fondamentale in ogni situazione della vita, è quello di pregare e chiedere a Dio di illuminare la propria strada. La vocazione è un qualcosa di dirompente, che cambia e rende più bella la vita, ma non giunge improvvisa e senza segnali.

Come nel caso di Samuele (vedi Primo libro di Samuele, capitolo 3), il discepolo può non capire subito che Dio lo sta chiamando; per questo è necessario una guida, un sacerdote, che aiuti a capire e interpretare i segnali che il Signore mette sulla nostra strada. A quel punto poi, come Samuele, bisogna fare un altro passo, e cioè quello di dire: “Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.

Ecco, il mio consiglio è quello, come ho fatto io, di rivolgersi ad un sacerdote per farsi consigliare, sempre in un clima di preghiera, i passi successivi, che concretamente sono i colloqui con il seminario e la partecipazione ad un percorso di discernimento vocazionale.

Se uno conferma quell’intuizione e crede che il Signore lo stia chiamando alla vita consacrata, allora si deve buttare: il seminario serve apposta per fare discernimento, per capire davvero ciò che il Signore ha preparato per te. E allora poi si comincia a prepararsi alla vita sacerdotale. Se uno per paura di un fallimento o a causa dei dubbi come “E se poi non è la mia strada?” non compie un coraggioso salto di qualità, allora rimarrà sempre deluso e con il pensiero “E se invece fosse stata davvero la mia strada?”

Perciò, coraggio! Buttati e affidati alla Provvidenza e allo Spirito Santo, che vedono più lontano di te e ti consiglieranno nel modo migliore.

Che ne pensi della realtà cattolica valsassinese? Quanto ha inciso sulla tua decisione di diventare sacerdote? E la tua esperienza di Oratorio?

La vita nella mia comunità ha influito al 100% nella mia decisione di entrare in seminario; quando uno affronta il discernimento vocazionale, rilegge tutta la propria storia personale alla ricerca dei “segnali” che Dio manda; questi segnali sono inevitabilmente inseriti all’interno della vita in una comunità cristiana, e per questo essa diventa fondamentale.

Quando uno entra in seminario non tronca le radici che lo hanno originato, ma anzi, pur allontanandosi, continua a nutrirsi di quella linfa che è la preghiera e l’affetto di chi ha lasciato indietro.

L’oratorio poi è quel luogo dove mi è stata trasmessa la gioia del messaggio evangelico e dove è sempre più importante e necessario lavorare, perché l’oratorio è il primo luogo dove si formano, come diceva San Giovanni Bosco, i “buoni cristiani e gli onesti cittadini” e dove possono nascere altre vocazioni sacerdotali e religiose.

Marco Ruffinoni vuole anche rivolgersi a tutti i giovani valsassinesi che l’hanno conoasciuto ma anche che non lo conoscono con un invito semplice e deciso:

Voglio rivolgere un invito a tutti, in particolare ai nostri giovani: come disse San Giovanni Paolo II, “aprite, anzi spalancate le porte a Cristo” e non abbiate paura; non tralasciate mai la possibilità di donare tutta la vita al Signore Gesù dedicandovi alla sequela. Se intuite che Dio vi sta chiamando a qualcosa di grande, non abbiate paura a dire di “sì”, come Maria, perché vi sconvolgerà la vita, è vero, ma la renderà anche incredibilmente bella.”

 

 

 

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