In questa domenica si legge come vangelo la parabola del banchetto di nozze. É facile intuire che Dio è il Re, che attraverso l’annuncio del profeta, presenta suo Figlio, lo sposo della nuova umanità e della Chiesa. Poi, quando Gesù in persona è rifiutato dai primi invitati, gli Ebrei nel loro complesso, le porte del Regno si prono per tutti senza discriminazione: buoni e cattivi, peccatori e pubblicani, gentili e pagani, ”puri e impuri” secondo la classificazione dei farisei e dei dottori della legge.
Ecco i nuovi destinatari della chiamata al Regno che costituiranno il nuovo Israele di Dio che è la Chiesa di Cristo, il popolo della nuova alleanza. L’ importanza e la gioia di un invito si misurano dalla persona che ci invita, perché una simile attenzione significa entrare nella cerchia dei suoi amici.
E che dire se chi ci invita è Dio?
Sta a noi dare una risposta riconoscente alla gratuità amorevole del Signore. Sfortunatamente , spesso ci serviamo delle stesse scuse dei primi invitati della parabola, e per la cecità dei nostri meschini interessi, ci escludiamo dalla festa!
In fondo, questo rifiuto a Dio, che si diffonde nell’ ambiente festoso di un pranzo fra amici, è una negazione della fratellanza umana.
La parabola evangelica ha un chiaro riferimento sacramentale: l’eucaristia è il grande segno del banchetto del Regno e anticipa l’eterno festino messianico. Perciò la messa domenicale non è un dovere triste e penoso, ma partecipazione alla festa di Dio e dei fratelli: “Beati gli invitati, che siamo noi, alla tavola del signore”.
Don Graziano
vicario parrocchiale
Domenica 17 giugno 2018
Rito Ambrosiano
Quarta domenica dopo Pentecoste
Vangelo Mt 22, 1 – 14