Il Vangelo di questa domenica si inserisce nel grande proclama di Gesù, e riportato da Matteo, sulla nuova Legge e introdotto dalle parole “Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti, ma a dare compimento”.
Indice di questo compimento è la parola che Gesù ripeterà più volte: “Vi fu detto, …. ma io vi dico”.
La leggiamo anche nel brano di oggi.
“Ma io vi dico” dice tutta la novità portata da Gesù.
Queste parole dicono come il progetto di Gesù, senza disprezzare quello dell’Antico Testamento o di una semplice convivenza umana, vada però ben oltre.
Noi l’abbiamo banalizzata con la regola di buona educazione di non dire parolacce. Certo c’è anche questo perché già la parola offende, perché tende a togliere rispetto e dignità all’altro. Ma questo comandamento di Gesù dice molto di più: è un invito ad avere un progetto positivo di vita, non di demolire, ma di costruire.
Ciò che viene dopo il “ma io vi dico” ci parla di Gesù, di come è la sua persona, le intenzioni che ha nel cuore, il suo modo di agire. “Ma io vi dico” è come un confine che Gesù ci invita a varcare per entrare nel suo mondo.
Richiede fatica entrare in queste parole: sarebbe più facile rimanere dentro il confine dei nostri sentimenti e risentimenti. Ma sarebbe come il chicco di frumento che preferisce rimanere nel sacco dove piano piano diventa sterile, morto, anziché accettare la fatica della semina che però è l’unica via per generare nuova vita.
Così è il “ma io vi dico” di Gesù: parole faticose da vivere, ma parole che ci introducono in una dimensione di libertà dalle nostre passioni, pigrizie e negligenze e che dicono il potenziale valore della nostra vita per costruire con Gesù il suo Regno. E così anche la nostra vita non andrà sciupata.
Oggi tutto questo discorso si fa concreto nell’invito a non dire “stupido” al fratello. Ma Gesù non ha forse detto “ipocriti”, “razza di vipere”?
Dove sta la differenza?
E’ che la parola di Gesù, anche quando fa male, vuole correggere e dare vita; la nostra invece la cerchiamo apposta per fare male, per mortificare l’altro nell’intimo.
Infine, l’invito a fare pace con il fratello prima di presentare la propria offerta a Dio, ci fa scorgere nel cuore del Padre il desiderio che già c’è nel cuore di tanti genitori: quello di desiderare come primo dono da parte dei loro figli quello della concordia fra loro.
Don Gabriele
vicario parrocchiale