DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA NONA DOMENICA DOPO PENTECOSTE



In questo capitolo di Matteo, dopo ripetute domande poste a Gesù da parte dei suoi avversari per coglierlo in difficoltà, nel brano di oggi è Gesù che pone una domanda ai farisei riguardo la propria identità.

I farisei sapevano che il Cristo, cioè il Messia, il Salvatore, sarebbe nato dalla discendenza del re Davide; Gesù chiede a loro come mai allora Davide, nella sua preghiera del Salmo 8, lo chiama “suo Signore” anziché “suo figlio” in quanto suo discendente.

L’evangelista annota come nessuno seppe rispondere a questa domanda e come da quel giorno cessarono di interrogarlo.
Ma la domanda posta da Gesù era fondamentale: si trattava di capire se Gesù era soltanto un uomo o qualcosa di più.
Penso che dobbiamo rispettare la fatica non solo dei farisei, ma di tutto il popolo e degli stessi discepoli a comprendere e a credere come Gesù fosse non solo uomo ma anche Figlio di Dio: abituati ad affermare questo nel Credo, abbiamo bisogno di percepire la straordinarietà di questa affermazione della nostra fede.
“Se tu sei figlio di Dio”:

è la triplice tentazione del demonio,
è la sfida dei soldati sotto la croce,
è la motivazione della sua condanna.

Più volte Gesù aveva cercato di aprire la mente dei suoi ascoltatori sulla propria identità: lo aveva fatto ponendo domande (“chi dice la gente che io sia?”) o compiendo miracoli che avevano suscitato questa domanda (“ma chi è costui che comanda anche al vento e alle acque e queste gli obbediscono?”).

La storicità e la divinità di Gesù dicono come Dio è entrato nella nostra storia.
Non è affatto una cosa facile da credere.
Se poi pensiamo a come questo suo modo di entrare di Dio non è generico ma personale, allora come non condividere la domanda del salmo 8 in cui l’uomo, davanti all’immensità della creazione, si domanda: “ma chi è l’uomo perché ti ricordi di lui?”.

Forse è questo il nodo principale della nostra fede: “possibile che Dio si interessi personalmente di me?”.
Non sono molte le cose da conoscere e da saper vivere nella nostra fede cristiana: si potrebbero riassumere così:

• la nostra pochezza e la nostra preziosità davanti a Dio,
• e l’infinita sua misericordia.

Anche la carità vera, non il vanto, secondo la quale saremo giudicati, discende da queste verità.
Ma sapere queste cose non basta; occorre che queste verità entrino vitalmente nella nostra vita.
Ci sia da maestro il buon ladrone che ha saputo riconoscere la propria vita sbagliata e la bontà di Gesù ingiustamente condannato ed affidarsi alla sua misericordia.


Don Gabriele

vicario parrocchiale

 

 

 

 

 

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