RUBRICA DI FILOSOFIA: PANTA REI, DI FIUMI, BÓTTI E LANTERNE



Torna la rubrica frutto dell’incontro tra Valsassinanews e Francesca Manzoni (laureata magistrale in filosofia e scienze filosofiche). L’autrice della rubrica ha collaborato negli anni con diverse associazioni locali –  creando brevi scritti, articoli, momenti e incontri a tema filosofico, gratuiti ed aperti a tutti, riscontrando molto interesse per la materia.

Ecco il suo contributo di oggi, redatto appositamente per i lettori di VN:

Un fiume scorre sinuoso, acque cristalline si snodano fluendo placide sino alla foce.

Una mano, dolcemente, vi si immerge bagnandosi in cerca di refrigerio, un uomo canuto assiste alla scena ed ammonisce ermeticamente il possessore di quella mano: “Bada, che non potrai immergerla una seconda volta in questo stesso fiume”.

Circa un secolo dopo, un altro uomo mal vestito e dagli occhi ardenti, si aggira in pieno giorno nella polis ateniese tenendo fra le mani una lanterna accesa, risponde a chi incuriosito gli domanda di cosa va in cerca: “Cerco l’uomo”.

Poche righe, due situazione paradossali i cui i protagonisti paiono altrettanto assurdi, racchiudono in realtà buona parte dell’intera storia filosofica antica e dei suoi insegnamenti.

Eraclito di Efeso (535 a.C. – 475 a.C.) | filosoficamenteIl primo personaggio, l’uomo canuto del fiume è Eraclito di Efeso (535 a.C.-475 a.C.) ritenuto a ragione uno dei più importanti filosofi presocratici.

Il secondo, l’uomo con la lanterna è Diogene di Sinope (412 a.C.-323 a.C.) fondatore con al maestro Antistene, della scuola cinica i cui discepoli professavano una vita dedita al rigore morale – Nulla in comune con l’accezione negativa del termine “cinico” oggi utilizzata -.

Figure bizzarre, fuori dalle righe. Povere di averi materiali, ma estremamente ricche di sapere e cultura. Personalità affascinanti che meritano di essere conosciute, non solo per le gesta compiute ed il riverbero delle stesse su tutta la cultura filosofica successiva, ma forse ed ancora di più, per quello che ci possono insegnare oggi: vivere serenamente dando rilievo a ciò che realmente conta e lasciare che il superfluo se ne discosti.

Panta rhei: che cosa significa? – Significato delle coseEraclito è famoso per aver esser il teorizzatore di un celebre aforisma, il “Panta Rei”. Trasposto dal greco antico [immagine a sinistra] sta a significare “Tutto scorre” – e l’esempio che utilizzava per spiegarne il concetto è proprio quello del fiume:

«Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, perché a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va.» (Framm. Diels Kanz)

La realtà e tutte le cose che ne fanno parte sono soggette a un continuo cambiamento, che si snoda in un perenne divenire. Non è possibile fare la stessa esperienza due volte perché, non solo le cose cambiano (in questo caso l’acqua del fiume che scorre e non è mai la stessa) ma anche noi ed il nostro pensiero mutiamo da un momento all’altro evolvendoci. Questo continuo fluire è governato da un’armonia profonda che fa permanere il tutto in equilibrio, lo stesso equilibrio con il quale noi dobbiamo vivere.

Il nostro tempo sembra esser cristallizzato in un eterno presente, e ci porta a vivere una percezione illusoria di stasi eterna. Il concetto eracliteo scardina questa falsa prospettiva, mettendoci di fronte ad una realtà ineluttabile che fluisce – sempre – in avanti.

Lo scorrere del tempo non può essere arrestato in alcun modo, ma può e deve essere usato per evolvere in qualcosa di migliore, perché è questo ciò che conta, conoscere per migliorare. Ci fa riappropriare di uno spazio temporale certo, collocandoci in un dato tempo rendendoci capaci di ritrovare le nostre radici, di dare valore al tempo attuale e costruire le basi per un futuro migliore, non solo per noi stessi, ma per il mondo intero.
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Il secondo personaggio, Diogene di Sinope, maestro dell’irriverenza più assoluta fu soprannominato dagli ateniesi con l’appellativo di “cane”, per il proprio modo di vivere. Scelse infatti di abitare in una grande bótte, aperta su di un lato e collocata nell’agorà (piazza centrale) di Atene presso il tempio di Cibele, per amore di coerenza.

Rinunciare ad agi e vezzi in favore di ciò che realmente conta vivendo nel modo più semplice possibile. Per questo, provocatore istrionico si aggirava nella polis con la lanterna accesa in pieno giorno scrutando con occhi indagatori i cittadini “-Andando in cerca dell’uomo capace di vivere secondo la sua più autentica natura, al di là di tutte le regole e le convenzioni sociali, in grado nonostante il capriccio della sorte o fortuna, sempre di ritrovarsi-” (Int. Giovanni Reale).

Un aneddoto riportato da Plutarco, particolarmente interessante fa comprendere ancora. Durante i giochi Istmici (istituiti nel 582 a.C.) in onore di Poseidone, Diogene fu invitato a tenere dei discorsi con tematiche etiche e filosofiche. Alessandro Magno vi assistette e rimastone colpito volle incontrarlo. Si recò dunque presso la bótte di Diogene con la propria scorta e trovandolo disteso al sole gli domandò se potesse fare qualcosa per lui. Questi senza scomporsi, pur riconoscendolo rispose: “Si, spostati un poco dal sole perché mi fai ombra”.

Si narra poi, che Alessandro rimase così impressionato dalla grandezza d’animo di quell’uomo da dire: “Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene”.

C’è anche un seguito della vicenda riportato dallo storico antico Diogene Laerzio. Alessandro, infastidito per esser stato ignorato successivamente inviò a Diogene degli ossi su di un piatto d’argento, in segno di scherno al suo soprannome (cane ndr). Questi ancora una volta ne restò intoccato e mandò a rispondere: “Degno di un cane il cibo, ma non degno di un re il regalo”.

Impossibile non ammirare un personaggio animato da tanta forza, anche per il più grande degli imperatori. Diogene con la sua lanterna era simbolicamente alla ricerca di qualcuno che amasse così tanto la libertà da non esser disposto ad alcun compromesso.

Quanto è difficile pensarlo oggi? Qual è il prezzo che diamo alla nostra libertà? schiavi delle convenzioni e dei rigidi schemi che ci imprigionano in gabbie… dorate si, ma pur sempre gabbie.

La libertà di Diogene è una condizione soprattutto interiore, perché se l’uomo è libero dentro di se, lo è in ogni luogo e per avvalorare la sua tesi egli si definì “cittadino del mondo” . Fu il primo a farlo introducendo il concetto di -cosmopolita-, tanto all’avanguardia per quell’epoca dove il legame con la patria era fondante per la persona-cittadino. Libero senza alcun vincolo.

Entrambi i filosofi ci invitano seppur utilizzando modalità diverse, a ritrovare ed accettare il legame più vero ed onesto con noi stessi e con il tempo che ci è donato, riscoprendolo attraverso la ricerca del sapere ed una profonda immersione in quello che più conta, una grande lezione di vita, che sicuramente vale la pena imparare.

Francesca Manzoni
Classe 1981, residente a Primaluna. Laurea magistrale in scienze Filosofiche presso l’Università di Verona. Amante della filosofia e della semplicità.

 

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