Cittadinanza agli stranieri: opinioni a confronto in Valle



Nei giorni scorsi è stato presentato nell’aula della Camera il progetto di legge sulla cittadinanza per gli immigrati residenti in Italia e i figli nati nel nostro Paese. La discussione però avverrà dopo le elezioni regionali, a fine marzo. Diverse le ipotesi sulla cittadinanza agli immigrati, alcuni sarebbero d’accordo con dare la cittadinanza ai minori solo dopo il primo ciclo di studi, altri dicono che invece "le norme sulla cittadinanza non vanno allargate, semmai si dovrebbe fare il contrario".

Ma cosa dice la normativa attuale sulla cittadinanza agli stranieri? La legge odierna, la numero 91 del 1992, prevede che siano passati dieci anni e che i minori abbiano raggiunto i diciotto anni; si basa sul vincolo di sangue, lo ius sanguinis.

La nuova proposta mantiene quei tempi ma aggiunge un "percorso di cittadinanza", come la frequenza di un "corso annuale sulla storia e cultura italiana e europea" e vari test di integrazione sociale, oltre agli esami di lingua italiana già imposti dal pacchetto sicurezza.

Per i minori, inoltre, resta la scadenza dei diciotto anni, ma devono essere vissuti senza interruzioni in Italia (quindi senza poter tornare al proprio paese per un periodo lungo).

Qualche parlamentare ha dichiarato che sarebbe meglio ridurre a  cinque anni i tempi per diventare cittadino italiano. E di introdurre lo ius soli, ovvero che i figli di immigrati nati in Italia ottengano la cittadinanza anche a prescindere dalla nazionalità dei genitori alla fine del primo ciclo di studi.

In Valsassina sono tanti gli immigrati residenti che da molto tempo abitano in queste zone dove lavorano e vivono con la famiglia. Abbiamo chiesto a qualcuno di loro cosa ne pensa sull’argomento; ma abbiamo domandato anche ai valsassinesi un’opinione al riguardo.

Per "par condicio" abbiamo consultato cinque cittadini stranieri e cinque valsassinesi, gli stranieri provengono da quattro continenti diversi, uno arriva del Sudamerica (precisamente dall’Argentina), un altro dall’Africa (Costa d’Avorio), il terzo dall’Asia (Pakistan), un altro dall’Europa dell’Est (Ungheria) e per ultimo un altro africano proveniente dal Marocco.

Il primo dei due africani ci ha detto che lui per principio non è d’accordo nell’adottare la cittadinanza italiana, perché si sente ivoriano e non ha bisogno di avere un’altra nazionalità. Ma è favorevole al fatto che i suoi figli possano avere la doppia cittadinanza in maniera da poter avere un vita futura migliore.

Il ragazzo argentino si è mostrato favorevole, "Sarebbe un esempio perfetto di integrazione", riferendoci che "In Argentina molti italiani sono diventati argentini ma non hanno perso nè le abitudini nè l’amore per l’Italia". Diversa la visione del signore dell’Europa dell’Est che non è assolutamente d’accordo con il fatto di avere la cittadinanza italiana, perché ci ha confessato "Molti di noi siamo qui per lavorare per un periodo e dopo torneremo al nostro paese a vivere gli ultimi anni delle nostre vite, a cosa ci servirebbe la cittadinanza italiana?". Per quanto riguarda i figli, "Anche loro penso faranno quello che abbiamo in mente di fare noi, dunque basta che diano un permesso di soggiorno a tempo indeterminato che siamo a posto".

La signora pakistana invece vede di buon occhio avere la cittadinanza per i figli, perché offre loro stabilità e futuro, senza dover dipendere del posto di lavoro o altre cose, mentre il giovane marocchino non è assolutamente d’accordo per un solo fatto: "Se io sono marocchino non sono italiano, penso che anche gli italiani all’estero la penseranno cosi".

Queste le opinioni dei diretti interessati, ma cosa pensano i Valsassinesi ?

Anche qui siamo andati a domandare a cinque persone diverse, di cinque paesi della Valle: Primaluna, Introbio, Pasturo, Cortenova e Barzio.

A Primaluna ci hanno risposto che con la crisi che c’è in questo momento, ci sarebbero ben altre cose a cui pensare che quella di dare la cittadinanza ad uno straniero, ma comunque al di là del momento difficile, "E’ meglio non dare troppa confidenza agli stranieri".

Identiche tra loro le risposte di una signora di Pasturo e una di Barzio: "Non vedo perché no: uno che per tanti anni ha lavorato in Italia, ha fatto famiglia, sa parlare l’italiano e si comporta bene non abbia il diritto di essere cittadino italiano" ma, ha aggiunto la donna di Pasturo "Devono dimostrare di meritarsi questo premio".

Per finire due persone, una di Introbio e un’altra di Cortenova. Il giovane di Introbio è d’accordissimo con il fatto che venga data la cittadinanza agli immigrati ma devono dimostrare che sono qui non solo per lavorare e portarsi via i soldi, ma per far grande la patria lavorando e rispettando la legge; queste, ci ha detto, "Secondo me sono le condizioni".

Meno convinto il signore di Cortenova che non accetta la possibilità che uno straniero diventi italiano: "Se uno nasce in un posto è cittadino di quel posto, dunque se uno è nato all’estero sarà straniero per sempre" sentendo le sue parole ci è venuta spontanea la domanda: "Dunque, il figlio di uno straniero che nasce in Italia, ha il diritto di essere italiano?", "Non se ne parla nemmeno!" ci ha risposto seccamente.

 

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