FOSSILE IN GRIGNA/QUEL PREDATORE PREDATO A SUA VOLTA MILIONI D’ANNI FA



VALSASSINA – In questi giorni la Grigna sarà protagonista di una pubblicazione scientifica sulla rivista italiana di Paleontologia e Stratigrafia. Il motivo è il ritrovamento di un fossile che testimonia la presenza di un esemplare di Saurichthysun, pesce considerato fra i maggiori predatori del periodo Triassico, il primo del Mesozoico. L’autore dello studio è Andrea Tintori, che diresse gli scavi dal 2003 al 2009, durante i quali erano emersi circa 1.500 fossili, specialmente di esseri acquatici.

L’esemplare completo di Saurichthys per la cui preparazione sono state necessarie circa 1000 ore di lavoro al microscopio. Esso rappresenta uno dei pesci più diffusi e famosi del Triassico, il periodo che segue la più grande crisi biologica – che avvenne circa 252 milioni di anni fa – e che ha costituito un periodo di grande importanza evolutiva, vedendo tra l’altro l’origine dei rettili marini, dei dinosauri, dei rettili volanti e anche dei mammiferi.

Le montagne lecchesi sono conosciute sin dai tempi di Antonio Stoppani per i fossili triassici e le Grigne in particolare per pesci e rettili marini. Già nel 1857 vennero descritti i primi pesci dalla zona di Perledo e tra questi anche uno dei primi Saurichthys mai segnalati (allora chiamato Ichthyorhynchus da Cristoforo Bellotti). Agli inizi del secolo scorso, Cermenati – allora presidente della Società Geologica Italiana – organizzò un convegno a Lecco con escursione proprio da Varenna ad Esino. Il nuovo esemplare appartiene alla specie Saurichthys costasquamosus, descritta anni fa su esemplari provenienti dal Monte San Giorgio ma i cui primi resti conosciuti venivano sempre dall’area di Perledo. Lo studio di questo fossile permette di raccontare i suoi ultimi momenti di vita e quello che è successo anche dopo la sua morte.

La particolarità di questo fossile è che presenta i resti del suo ultimo pasto, ma anche evidenze di essere stato a sua volta predato da un animale verosimilmente ben più grosso di lui. La parte conservata è di circa 65 centimetri, ma il pesce intero doveva essere di almeno un metro di lunghezza, in pratica un grosso barracuda (o luccio, visto che siamo sul lago). Solitamente Saurichthys predava pesci molto più piccoli di lui (che si rinvengono interi all’interno del corpo) mentre nel caso studiato vi è una grande quantità di ossa e scaglie sparse appartenenti ad almeno due individui di Ctenognathichthys bellottii, un pesce di 15-20 cm di lunghezza che è abbastanza comune nel sito sul Grignone. La disposizione del contenuto intestinale fa pensare non ad una predazione vera e propria (cattura di un pesce vivo) ma ad un comportamento da necrofagio, cioè questo Saurichthys si sarebbe cibato di carcasse galleggianti e in via di decomposizione di Ctenognathichthys, ed è la prima volta che viene descritto un simile comportamento per Saurichthys.

Evidentemente a pancia piena, non fu però in grado di sfuggire all’attacco di un altro grande predatore, probabilmente un ittiosauro di 3-4 metri di lunghezza, che ne ha tranciato la parte posteriore. Infatti, questa parte non è stata rinvenuta sulla lastra di calcare che porta la parte anteriore del pesce e la rottura della colonna vertebrale sembra proprio essere traumatica. Anche in un altro grande esemplare di Saurichthys di questo stesso sito, il tipo della nuova specie dedicata alla Grigna, presenta un grande trauma, questa volta a livello del cranio. Purtroppo, negli scavi in Grignone non sono stati rinvenuti resti di ittiosauri, ma nelle rocce della stessa età ne è stato trovato uno in Val Gardena, esposto al museo di Ortisei. Quindi possiamo ipotizzare che simili animali vivessero anche nelle acque dei bacini delle Grigne e che un grande predatore sia stato a sua volta predato.

Il fossile continua però a raccontare la sua storia. Il cranio e la parte anteriore del corpo raggiunsero il fondo dove continuò la digestione del pasto, provocando il rigonfiamento dell’addome e l’esplosione dello stesso con l’apertura “a libro” del corpo per cui il fianco sinistro giace frammentato sopra il dorso dell’esemplare.

Il giacimento degli Scudi rappresenta quindi un sito di grande importanza anche a scala globale, anche se questa pubblicazione rappresenterà verosimilmente l’ultima, almeno per il prossimo futuro, se non interverrà una nuova fase di interesse per supportare la preparazione e lo studio del materiale raccolto, se non di iniziare una nuova fase di scavo.

 

 

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