DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA QUARTA DOMENICA DI PASQUA



La 4a domenica di Pasqua prende il nome dal Vangelo che ci è proposto: Domenica del Buon Pastore. Gesù amava parlare per immagini familiari alla gente di quel tempo e che potevano essere subito capite da tutti. Nel Vangelo di oggi Gesù ci si propone con l’immagine del buon pastore che dà la vita per le sue pecore.

Noi sappiamo che questa espressione troverà il suo compimento finale sulla Croce.

Ma è importante e bello, per comprendere appieno il significato di questa immagine, procedere con pazienza, partendo proprio dalla vita faticosa del buon pastore, tanto più che è un lavoro e una cura che non ci sono più abituali, perchè allora l’espressione di Gesù rischierebbe di perdere tutta la sua efficacia.

La faticosa vita del pastore è l’immagine con la quale Gesù ci parla della sua vita condivisa con noi, di come si prende cura di noi.

Con altre immagini della Scrittura: ci guida attraverso valli oscure verso pascoli verdeggianti, va in  cerca della pecorella perduta e se la carica sulle spalle, misura il suo passo su quella della pecora che ha appena partorito, si espone davanti al lupo per difendere il gregge.

Sono parole e immagini che ci introducono nel mistero dell’amore di Gesù per ciascuno di noi, ed è bello soffermarsi a contemplare Gesù così e a pensare che porta anche me sulle sue spalle.

Parlando poi della sua vita donata per le sue pecore, Gesù dice che nessuno gliela toglie, ma  “io la dò da me stesso”.

E’ un’affermazione che qualifica la morte di Gesù non come una disgrazia – come se fosse un incidente stradale -: è stata sì un’ingiustizia, ma anche a quella si è consegnato  liberamente come dirà a Pilato.

Quelli di Gesù davanti alla sua condanna sono atteggiamenti, parole, silenzi, preghiere che sconvolgono i nostri modi abituali di pensare e che danno verità alle sue parole:

“Io sono il buon pastore e dò la mia vita per le pecore”.

Come vivere noi questo Vangelo?

Anzitutto è Gesù che lo vive per noi.

Il nostro atteggiamento dovrà essere quello di lasciarci docilmente condurre da Lui che concretamente lo fa attraverso la sua Chiesa: dirà a Pietro, dopo avergli chiesto se lo amava, “pasci le mie pecorelle”.

Ma siamo anche tutti investiti da questa parola di Gesù che ci vuole, ciascuno nel posto che occupa, buoni pastori che hanno cura dei fratelli che ci sono affidati.


Don Gabriele
vicario parrocchiale

 

 

 

 

 

 

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