Vado a fare un giro nel bosco, proprio nel bosco, non sentieri, BOSCO.
Quel bosco dove ad ogni passo scricchiola un legno perché si mettono i piedi solo laddove il continuo passare degli animali selvatici ha creato una specie di traccia, la dove ti orienti con gli alberi che riconosci, quei boschi dove alle 12 a luglio fatica a filtrare la luce, quel bosco che vede pochissimi umani. Ma poi un ronzio di motoseghe. È anni che tagliano nella zona, tagliano sempre di più, più in profondità, sempre più lontano dalla strada, restano poche piante nella concessione di taglio che qualcuno ha autorizzato a ditte non sempre locali.
Tagliano lasciando in piedi un albero ogni chissà quanti, lasciano quelli piccoli, o inutili ai fini commerciali, restano solo quelli ed ora sono in balia del vento perché non ci sono quelli grossi e forti a proteggerli, sono tanto esili e alti che con la loro chioma non riescono a fare ombra alle proprie radici, figuriamo se possono dare sicuro rifugio a degli uccelli. Un camoscio non ci si può nascondere dietro, un cerbiatto o più affettuosamente “un bamby” non potrà essere nascosto in quel che resta del sottobosco.
Da bambino ricordo quando il vecchio boscaiolo tagliava, sceglieva con cura cosa sacrificare, toglieva poche piante, non lasciando nulla a terra. Restava solo più luce per il sottobosco e sembrava non ci fosse quasi differenza. Ora è tutto diverso.
Il BOSCO soffre, la legna se ne va, e alla fine resta tanta tristezza.
[Lettera firmata]