VALSASSINA IN ITALIA. I RISCHI DELLA POLITICA E IL PATTO CON GLI ELETTORI



Nelle ultime settimane che precedono il voto amministrativo ha tenuto banco anche sui social il corposo aumento delle indennità di carica recentemente riconosciute a sindaci e assessori. La norma, in buona sostanza, è stata pensata dal legislatore per cercare di arginare la crescente disaffezione che si registra nei confronti dell’impegno politico e amministrativo soprattutto nei piccoli comuni, dove a fatica si trovano candidati che si mettano in gioco per governare i loro paesi.

Ogni regola ha però la sua eccezione: nella piccola Averara in provincia di Bergamo, paese di 170 anime, gli elettori il 12 giugno potranno scegliere fra ben quattro candidati alla carica di sindaco ma come si diceva poc’anzi è questa una rara eccezione e come tale va considerata in attesa di tempi migliori che forse verranno.

Intendo qui riferirmi soprattutto ai comuni fino a 3.000 abitanti perché è questa la realtà che viviamo sul territorio della Valsassina e della nostra Comunità Montana che meglio conosciamo. Realtà questa che comunque ci accomuna a tanti altri piccoli centri abitati sparsi sulle montagne del Nord Italia ma anche sull’Appennino che corre lungo tutto l’italico stivale e dunque parliamo della stragrande maggioranza delle quasi ottomila municipalità del Paese.

Non credo che la nuova normativa abbia per ora risolto il problema visto che ancora si fatica a superare un’unica candidatura nei comuni che voteranno per il rinnovo dei rispettivi consigli e in futuro si vedrà se basteranno le maggiori prebende a far superare la paura per le responsabilità e il timore di un impegno prolungato e spesso privo di vere soddisfazioni. Piaccia o non piaccia, questo è il nocciolo della questione.

Per intenderci sull’evoluzione che negli ultimi decenni ha subito la materia relativa allo “stipendio del sindaco” vorrei fare un paragone con i tempi miei e parlo della tornata elettorale del 1985, quando cominciai a fare il sindaco a Primaluna: ricordo che allora l’indennità di carica mensile corrispondeva a £ 80.000, pari a una quarantina degli attuali euri e per gli amministratori pubblici non erano certo tempi di vacche grasse. Eppure c’era maggiore passione e tensione sociale.

Le successive Leggi finanziarie aumentarono le indennità di qualche centinaio di migliaia di Lire e stabilirono che non erano cumulabili con altri emolumenti riferiti alle cariche pubbliche rivestite contemporaneamente al ruolo di sindaco. Nel tempo le indennità sono cresciute ma solo negli ultimi anni ci sono stati gli adeguamenti culminati con i più recenti e ben conosciuti “scatti in avanti” che hanno creato notevoli appetiti oltre a qualche mal di pancia e sommovimento politico-amministrativo anche in Valsassina, di cui la cronaca locale ha ampiamento riferito.

A proposito di Stampa, rivestendo una Carica pubblica, bisogna imparare in fretta e bene anche a curare Informazione e Comunicazione, rapportandosi periodicamente con i propri cittadini, utilizzando anche le più moderne dinamiche massmediatiche evitando però di scadere nel social-turpiloquio che lascia il tempo che trova, essendo spiacevole e decisamente poco Istituzionale. A buon intenditor, poche parole.

Tornando alle famigerate responsabilità, serve una riflessione a parte visto che sono proprio queste che più scoraggiano il cosiddetto “cittadino comune” dall’imbarcarsi in un’impresa che nel migliore dei casi può riservare qualche soddisfazione ma può portarsi appresso spiacevoli conseguenze che possono stravolgere anche la propria vita personale e famigliare e pure il conto in banca, in caso di condanna per risarcimento danni. Queste sono le incognite del mestiere della politica anche nei piccoli borghi.

Un esempio per tutti: la frana del Monte Coppetto che nell’estate del 1987 durante l’alluvione in Valtellina piombò sull’abitato di Sant’Antonio Morignone, facendo numerose vittime e distruggendo tutto quello che trovò sulla sua strada. Non ho dimenticato quel sindaco e vi assicuro che ancora ricordo lo sgomento e l’immenso dolore di quell’uomo di montagna che si era messo personalmente in gioco per rendersi utile al suo paese ma che certamente non immaginava cosa il destino aveva in serbo per lui, durante la sua generosa e altruistica esperienza. Ricordo anche che fra i colleghi sindaci in Lombardia fu subito aperta una sottoscrizione per sostenerlo almeno per le prime spese legali.

Quando succedono queste cose, a livello emotivo, sembra allora più giusto che “i politici” siano retribuiti adeguatamente per le prestazioni che svolgono a favore della collettività ma siccome fortunatamente tali disastri capitano di rado, in altri momenti, si pensa che si possa e anzi si debba fare il sindaco con lo stesso spirito di servizio che caratterizza anche in Valsassina il diffuso “volontariato sociale” e dunque anche per cifre decisamente più modeste. Del resto nessuno è costretto a candidarsi soprattutto se tiene famiglia e teme di doverla trascurare.

Se poi qualcuno, da oggi in avanti e per sua scelta di vita, anche nelle nostre valli volesse fare il sindaco a tempo pieno a due o tremila euro lordi al mese, ebbuttalivia, piuttosto che farsi le classiche otto ore come dipendente in fabbrica o in un ufficio, questo è legittimo ma sarebbe meglio dirlo prima delle elezioni e con trasparenza: anche questo ritengo debba far parte del Patto con i propri elettori. Lo dico a loro ma non solo, nel caso mi ricapitasse.

Da ultimo ma non per ultimo si tenga presente che soprattutto nei nostri paesi si può tranquillamente fare “il primo cittadino” parallelamente alla propria attività lavorativa e parlo per esperienza vissuta. Lo abbiamo già fatto in molti in quegli anni e siamo sopravvissuti: è certamente impegnativo ma ce la si può fare!

 

Claudio Baruffaldi

 

 

 

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