
RAVENNA – La notizia viene rilanciata dal quotidiano Il Manifesto (e non solo): il Tribunale del Riesame del capoluogo romagnolo conferma il sequestro di 14 tonnellate di componenti nel porto di Ravenna, un carico del valore commerciale di 250mila euro, proveniente dalla Valforge di Cortenova – ditta con sede legale a Introbio – e destinato alla IMI System, considerato il principale produttore di armi e munizioni per l’esercito israeliano – Paese, come noto, attualmente in stato di guerra.
“L’azienda produttrice – scrive il giornale nazionale – non aveva richiesto l’autorizzazione a esportare materiale bellico (Legge 185/1990) e non era iscritta nel registro degli esportatori di materiali di armamento, sostenendo che non conosceva la destinazione dei pezzi dual use“. Non solo: emerge come nel 2024 la stessa impresa valsassinese “aveva già organizzato quattro spedizioni simili per conto di Ashot Ashkelon Industries, società israeliana sussidiaria di IMI, tra i maggiori fornitori di armi e componenti per carri armati dell’esercito israeliano”.
Per il sequestro avvenuto in porto lo scorso 4 febbraio, risulta indagato l’ingegner Pierantonio Baruffaldi, 57 anni, amministratore unico di Valforge. Reato ipotizzato, esportazione non autorizzata di materiale d’armamento. Secondo la magistratura di Ravenna, l’azienda cortenovese avrebbe precedentemente bypassato i controlli di altre dogane italiane, riuscendo a esportare pezzi utilizzabili per impieghi anche militari tra giugno e settembre da Bologna e successivamente a novembre dai varchi di Milano. Componenti che sarebbero state fatte passare come come frutto di forgiature e fusioni, prodotti dunque in qualche modo “innocenti” rispetto all’esportazione (vietata) se diretta alla realizzazione di sistemi d’arma.
RedCro
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