SVILUPPO MONTANO E RISCHIO AMBIENTALE



La prima lezione del nuovo modulo, dedicato a tematiche settoriali, è stata tenuta dai professori Francesco Ballio e Scira Menoni del Politecnico di Milano e ha trattato la valutazione del rischio idrogeologico. L’argomento, sebbene a prima vista possa sembrare abbastanza estraneo al tema delle politiche a favore dello sviluppo montano, è in realtà rilevante in un ambiente fragile dal punto di vista idrogeologico quale la montagna, lo sviluppo non può prescindere dalla salvaguardia del territorio e dalla messa in sicurezza dei sistemi (persone e beni) esposti a rischi naturali.

La valutazione del rischio idrogeologico è pertanto fondamentale non solo per un’efficiente pianificazione degli interventi di gestione del rischio, in quanto solo una corretta valutazione permette di individuare dove vi sia un rischio elevato (ovvero dove vi sia un’alta probabilità che un fenomeno idrogeologico possa causare un danno ingente) e quindi dove convenga investire risorse, ma anche per la pianificazione del territorio.

Infatti tale analisi può aiutare i pianificatori del territorio a valutare la compatibilità degli usi del suolo con i pericoli esistenti, e a fornire linee guida per decidere modi, intensità e frequenza degli usi in aree soggette a pericoli naturali.

A tal proposito si ricorda che nel 1997 la Regione Lombardia, con la legge regionale 41/97, introdusse l’obbligatorietà di verifica della compatibilità fra le condizioni geologiche dei territori e le previsioni urbanistiche (in sede di redazione degli strumenti urbanistici generali e delle loro varianti generali), mediante apposito studio geologico (Relazione Geologica).

L’analisi del rischio presuppone la valutazione di tre elementi. Il primo, legato al fenomeno naturale, è la pericolosità.  Tale elemento è funzione della probabilità che un evento possa accadere con una determinata intensità (es. esondazione del Pioverna con una certa portata in una determinata località).

Il secondo elemento è l’esposizione, ed è legato alla presenza di beni e persone che possono subire un danno nel luogo dove potrebbe accadere l’evento.  Mentre per molti beni l’esposizione è un dato statico (ad esempio per gli edifici, in quanto la loro localizzazione sul luogo in analisi difficilmente varia nell’arco temporale sul quale si valuta il rischio), per altri beni e per le persone è un dato dinamico in quanto può variare nel tempo, ed ovviamente un determinato evento sarà dannoso non solo per il fatto di manifestarsi, ma anche se, nel momento in cui si manifesta, è presente un bene che può essere danneggiato dall’evento stesso.

L’ultimo elemento necessario per la valutazione del rischio è la vulnerabilità. Anche tale elemento non è legato all’evento, bensì al bene, e misura quanto il bene, qualora sia esposto all’evento, possa essere danneggiato. E’ ad esempio facile intuire come beni simili, quali possono essere due edifici vicini, ma realizzati in modo differente e con diverse tecniche costruttive, possano subire danni completamente diversi da un’esondazione.

Mentre la valutazione della pericolosità in molti casi può essere svolta con una relativa precisione utilizzando dati statistici (serie storiche) e modelli matematici, la valutazione degli altri due elementi è estremamente difficile ed approssimata in sistemi complessi (si immagini ad esempio una grossa area nella quale sono presenti molti edifici, ciascuno dei quali può essere differentemente vulnerabile), e ciò fa sì che spesso la quantificazione del rischio possa essere fatta solo con un grado di approssimazione abbastanza elevato.

Dal punto di vista pratico ciò comporta che è spesso difficile decidere a quali tipi di interventi di gestione del rischio dare la priorità, cioè su quali interventi le pubbliche amministrazioni debbano impegnare le risorse a disposizione per ottenere la massima riduzione del rischio.
La scomposizione del rischio in questi tre fattori permette tuttavia di individuare diverse strategie di gestione del rischio. Sebbene normalmente le strategie si focalizzino sul primo elemento, ovvero cerchino di ridurre la pericolosità (ad esempio innalzando e cementificando gli argini), in alcuni casi può essere più opportuno agire sull’esposizione, facendo si che determinati beni non possano trovarsi nell’area potenzialmente interessata dall’evento (in casi limite anche tramite rilocalizzazione), o cercando di rendere il sistema che può essere danneggiato dall’evento meno vulnerabile.


Ing. Flavio Piolini

 

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