Una ‘fetta’ di Valsassina in America Al Thanksgiving tacchino e… Taleggio!



La lettera è divertente ma anche interessante. Ci arriva direttamente dagli States, dove un nostro lettore sta svolgendo in questo periodo un dottorato. Ecco la cronaca di questo straordinario incontro tra "lecchesi all’estero". In cui uno acquista l’altro, e l’acquistato è decisamente – come scoprirete – valsassinese...

È il weekend di Thanksgiving: mentre a Bobbio, dove ho passato tanti inverni, si aprono anticipatamente le porte alla nuova stagione, le cheerleaders dei Gamecocks [la squadra di football di Columbia] si riscaldano nella Death Valley [così è soprannominato lo stadio delle tigri di Clemson, seconda formazione del South Carolina]. Si tratta praticamente di un derby, tanto sentito che martedì scorso una tigre in cartone di 25 piedi è stata bruciata nel centro di Downtown.

Splende il sole e fa ancora caldo, si sta bene in maglietta e decido di andare a fare un giro in un supermercato "qualunquecosavogliadire biologico", dove il mio capo, un vicentino emigrato da anni, probabilmente a causa del poco apprezzamento verso lo spriz, mi ha garantito posso trovare il miglior pane di Columbia, che tradotto per chi è solo da qualche mese lontano dall’Italia vuol dire qualcosa che ricordi quello che noi chiamiamo pane

Per strada mi fermo a un benzinaio a farmi pompare le gomme della bicicletta e, al di là della difficoltà persistente nel comprendere l’accento di questi Rednecks, riesco ad avere il favore gratuitamente. Dopo una buona mezz’ora di pedalare, raggiungo finalmente l’Earth Fare: mi avevano avvisato che era abbastanza caro, ma i sacchi di legna all’entrata a 7$ mi paiono comunque un po’ eccessivi.

Per fortuna non ho un camino ed entro nel supermercato; effettivamente è diverso da tutti gli altri, si trovano specialità di tutto il mondo ed in particolare europee: feta, champagne, camon serrano e così via… Finalmente mi trovo un bel sacchetto di ciabatte, commestibili anche senza un tostapane e tutto felice mi dirigo verso la cassa, quando il banco dei formaggi attira la mia attenzione… Sono 3 mesi che non mangio formaggio, anzi a dire il vero sono tre mesi che non vedo qualcosa che si possa chiamare formaggio! E qui c’è davvero di tutto: anzitutto una forma di vero parmigiano, poi camembert, emmental, latterie varie, gorgonzola e alla fine… un taleggio! Anzi, un vero taleggio della Valsassina, con quel marchio che tante volte ho visto salendo da Lecco!

Mi ha fatto così piacere che ho raccontato la storia persino alla cassiera, mentre batteva un conto che per 4 ciabatte e un pezzettino di taleggio verrebbe definito “freaking expensive”… Ma non importa, per sentirsi un po’ a casa!

Paolo Mazzoleni

 

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