LA LECTIO DI DON GRAZIANO: RELIGIOSITA’ DI FACCIATA



I prototipi contrapposti del fariseo e del pubblicano, tradotti in termini attuali, vogliono dire che siamo farisei ogni volta che ci appelliamo alla nostra coscienza pulita, alla nostra osservanza dellle pratiche religiose, alla nostra maggior cultura e condizione religiosa e sociale, per crederci migliori e disprezzare i “nuovi pubblicani”: emarginati, mendicanti, alcolisti, drogati, divorziati, abortisti, madri nubili, prostitute, truffatori, profittatori, zingari, migranti ecc. Poveri noi se pregassimo: “ Ti ringrazio, Signore, perché non sono come questa gente…”

In tal caso, come il fariseo, resteremo esclusi dalla misericordia del Signore che otterremo solo confessandoci peccatori, come fece il pubblicano e come facciamo all’inizio di ogni messa. E’ importante ricordare che Gesù disse la parabola che oggi per quelli che si ritenevano giusti, che si sentivano sicuri di loro e disprezzavano gli altri. Pertanto, nella sua lettura attuale, i destinatari della parabola sono i credenti osservanti e devoti che cedono alla tentazione di insediarsi nella loro buona condotta e sono inclini all’intransigenza e al scredito degli altri.

Si può facilmente verificare che questa religiosità da vetrina non è cosa del passato, non è morta né mai morirà, perché il suo fondamento è la superbia umana. Perciò quasi nessuno è esente dalla sua contaminazione, Tutti possediamo particelle personali di fariseismo, a volte perfino riconoscendoci peccatori senza crederci; una falsa umiltà è la forma più raffinata di orgoglio.

L’unica cura possibile è chiedere a Dio la luce per vederci come siamo, riconoscerci peccatori e ripetere: “Signore, facci capire che siamo tanto farisei quanto peccatori, tanto ipocriti quanto meschini, tanto sciocchi quanto superbi, Signore, sei colui che offre sempre una seconda opportunità. Tu, o Signore, credi che l’uomo malgrado tutto, perché la tua misericordia, la tua compassione, la tua pazienza, il tuo amore e il tuo perdono non hanno limite. Liberaci, Signore, della religiosità esteriore e fa che il vento della tua tenerezza arieggi il nostro arido cuore con la speranza e il sapore del tuo banchetto di festa. Amen.”

don Graziano vicario parrocchiale

Rito Ambrosiano – Anno B

Ultima domenica dopo l’Epifania, 15 febbraio 2015

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